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Louis XIV
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Récit par le nonce Gualterio de la mort de Jacques II à Saint-Germain-en-Laye

« Su l’avviso che giunse la notte de 12 del corrente dello stato pericolossimo in cui si trovava il Re britannico stimo il nunzio a proposito di traferirsi la matina seguente alla corte de San Germano. Vi trovo S. M.tà con febre, che gli ripligliava per fino a tre volte il giorno con una prostratione totale di forze, e con una sonnolenza gravissima, la quale lo faceva continuamente dormire senza pero impedirgli di riscuotersi ogni volta che volevano dirgli qualche cosa e di rispondere adattatamente con uso di ragione che ha conservato sempre intierissimo per fino all’ultimo. I medici lo facevano fino d’allora disperato, onde il nunzio predetto credette che per edificazione delle due corti e per dimostratione di riconoscenza ad un prencipe ch’era stato coisi fedele alla Chiesa gli corresse debito di assistergli per fino all’ ultimo respiro, si come ha fatto in effetti non abbandonandolo né giorno né notte dal martedi matina perfino al venerdi sera in cui rese l’anima a Dio. Continuo è stato altresi il concorso d’' prencipi della case reale e de gran signori che sono andati a sapere di mano in mano lo stato della sua salute, mà tra gli altri si è distinto con particolari marche d’affetto il sig. prencipe di Conti che per essere cugino germano della Regina ha voluto usare con essa particolari finezze restendo tutti que’ giorni dalla matina per fino alla sera in San Germano. Il Re ha mandato ogni giorno più signori della prima sfera ad informasi dello stato delle cose, et il mercordi dopo desinare vi venne egli stesso in persona. Il nunzio si ritrovava nella stanza della Regina quando fù portato l’avviso della sua venuta. S. M.tà gli disse che non haverebbe voluto che il Re Christianissimo passasse per la stanza dell’infermo, dubitando che si come s’erano sempre teneramente amati cosi potesse seguire una vicendevole commotione in vedersi, e lo incarico di procurare d’indure S. M.tà a passare per un picciolo balcone al di fuori. Il nunzio prego il sig. duca di Lauson [Lauzun] ad insinuarlo a S. M.tà, il quale non fece difficoltà di prendere quella strada mà trovato poi esso nunzio sul medesimo balcone gl’espresse un sommo desiderio di vedere onninamente il Re Britannico, in maniera che si concerto che cio sarebbe seguito appresso la visita della Regina. Entrata S. M.tà nella di lei stanza, fece instanza che si chiamasse il prencipe di Galles. Venuto questi rimasero tutti tre soli, mà si è poi saputo per bocca del Re medesimo che il picciolo prencipe si come era stato un tempo considerabile senza vedere la madre cosi subito che fù entrato nella camera senza riguardo del Re presente gli si getto al collo e ivi con molte lagrime s’abbracciarono cosi teneramente che il Re dice d’havere havuto della pena a distaccarli l’uno dell’alltra. La Regina a cui tratanto il. Re haveva communicato la propria intentione notifico al prencipe la risoluzione presa da S. M.tà di riconoscerlo e trattarlo da Re ogni volte che venisse a mancare il Re suo padre. Il fanciullo che non havea notizia alcuna dell’avvenimento e che non poteva havere ne tampoco sepranza nientedimeno riceve tal avviso come se vi fosse stato preparato, e gettandosi a i piedi del Re gli desse queste precise parole: Io non mi scodero mai che sete voi che mi fate Re, e qualsivolglia cosa che mi succeda impiergaro questa dignità a farvi conoscere la mia riconoscenza. Il Re gli disse che lo faceva volontieri mà sotto conditione che conservasse sempre immutabile le religione cattolica, in cui era stato educato, mentre se fosse stato mai possibile ch’egli l’abandonnasse o volesse anche solamente nasconderla non solo perderebbe affatto la sua amicitia mà sarebbe risguardato con horrore di tutti gl’huomini da bene che sono nel mondo e come l’ultimo e il più vile degl’huomini. A che il prencipe rispose con le proteste della maggiore costanza. Più altre cose furono dette vicendevolmente sopra lo stesso argomento; dopo di che il prencipe si ritirà et essendo uscito dalla camera dirottamente piangendo dette motivo a milord Perth suo governatore di dimandargli che cosa gl’havesse detto il Re di Francia: mà gli rispose che ne haveva promesso il segreto a S. M.tà e che non poteva violarlo. In effetti non vole dirle cosa alcuna. Bensi tornato al suo appartamente si rinchiuse nel gabinetto e si pose a scrivere e domandatogli dal governatore medesimo cio che notasse disse senz’ altro ch’era il discorso tenutogli dal Re Christianissimo, il quale voleva poter rileggere tutti i giorni della sua vita.
S. M.tà fini tratanto la visita della Regina et accostandosi al letto del Re infermo gli fece i più cordiali complimenti. L’altro assopito nella sua sonnolenza habbe sul principio qualche difficoltà a riconoscerlo e l’andava ricercando quasi sospeso con gl’occhi, mà rivoltosi finalmente alla parte ove il Re era, tosto che l’hebbe veduto pose la bocca al riso e dimostro un estremo piacere. La ringratio poi di tutte le finezze le quali qu’usava e singolarmente d’havergli mandato il giorno antecedente il suo primo medico. Dopo varie espressioni d’affetto il Re Christianissimo disse che haverebbe voluto parlare di qualche negozio a S. M.tà Britannica. Ciascheduno volea ritirasi per rispetto mà il Re comando che tutti si fermassero et alzando la voce disse che volea assicurarlo che quando Dio havesse fatto altro di lui, haverebbe presa cura particolare del principe di Galles, e non minore di quella che potesse haverne esso stesso se fosse vivo; che dopo la sua morte lo riconoscerebbe per Re e lo trattarebbe nella medesima forma con cui haveva trattato lui medesimo. Cio che gli rispondesse il Re Britannico non pote udirsi perchè l’Inglesi, de’ quali era piena la camera e che non solamente non s’attendevano ad una tale dichiaratione mà per il contrario haveano probabilità tali da credere tutto l’opposto dettero tutti un’alto grido di Viva il Re di Franci, e gettandosi a i piedi di S.M.tà gli testimoniaronon la loro gratitudine d’une maniera che quanto era più viva et in un certo modo lontana dal rispetto ordinario tanto maggiormente mostrava i sentimenti de loro cuori. Il nunzio dopo haver dato luogo a tal transporto di gioia in quelle genti s’accosto ancor’egli a S. M.tà e gli disse che lo ringratiava a nom di tutta la Chiesa dell’atto eroïco il qual veniva di fare, pregando Dio a volerglielo ricompenzare con altretante fecilità. S. M.tà rispose allora con somma benignità e poi esso nunzio essendo andato servendolo per fino alla carrozza lo richiamo per strada e gli soggiunse ch’egli ben sapeva di quale importanza poteva essere tale risoluzione e conosceva le difficoltà che potevano esservi state mà che il rispetto della religione havea sorpoassato ogni cosa e ve lo haveva unicamente determinato. Si sa poi S. M.tà haver detto in appresso che ben conosceva tutti gli pregiuditii che poteva recargli una cosi fatta determinazione, la quale haverebbe dato pretesto al prencipe d’Oranges d fare de’ strepiti in Inghilterra di suscitargli contro il Parlemento e forse di caggionargli la guerra mà che havea voluto che gl’interessi della religione passassero innazi a tutte le altre cose, lasciando a Dio la cura del resto. In effetti si penetra che la maggior parte del Consiglio fosse di contraria opinione e che l’operato si debbia al solo arbitrio del Re. E’vero che i prencipi della casa reale erano stati di tal desiderio et hanno dimostrato una somma sodisfazione del successo; il duca di Borgogna particolarmente, che se n’espresse ne’ termini più forti che possino imaginarsi.
Ritornando al Re defonto è certo che questa è stata la maggiore consolazione che potesse havere morendo, mentre altro affare temporale non gl’occupava la mente. Ne ha dati altresi gli contrassegni maggiori mentre ordino subito che il prencipe si traferisse a Marli per ringraziarne S. M.tà se bene la Regina non giudico poi d’inviarvelo havendosi mandato in sua vece milord Midleton suo primo ministro. La matina seguente si fece chiamare di bel nuovo esso prencipe e parlandogli del medesimo affare gli ricordo la fedeltà a Dio, l’ubidienza alla madre e la riconoscenza al Re Christianissimo. Né poi ha parlato con alcun prencipe o signore della corte di Francia che non gl’habbia tenuto ragionmento sopra di cio et espressegli le grandi obligazioni che sentiva sù tale soggetto. Queste sono state le sole parole ch’egli habbia impiegate negl’affari del mondo. Tutto il rimanente non ha risguardolo che il Cielo, eccitando di tempo in tempo i preti e i religiosi che l’assistevano a dire delle orazioni, scegliendo esso stesso quelle che maggiormente desiderava e sopra tutto mostrando un sommo desiderio et una somma divozione della messa, recitandosi la quale egli che nel rimanente del tempo soleva essere addormentato si è sempre tenuto con gl’occhi aperti e facendo con la testa tutti que’ segni di venerazione che la sua positione e la sua debolezza potevano permettergli all’elevazione. Fino agl’ultimi respiri è stato udito recitare delle preghiere et allorché gli manco la voce fù veduto movere a tal ogetto le labra. Oltre di cio ha dimostrata una tranquilità d’animo infinita et una rassegnatione eroica al divino volere: consolandro egli stesso la Regina del dolore che dimostrava per la sua perdita. Ha finalmente dell’infermità et havendo sempre riposto che stava bene. Ha habuto una esatta ubidienza alle ordinationi de’ medici et ha preso senza replica tutto quello che hanno voluto dargli benche vi havesse per altro ripugnanza. Finalmente ha havuto sempre il giuditio sanissimo e la mente etiandio più pronta e più libera di quella che l’havesse per molti mesi antecedenti. Gli è durato de lunedi fino al venerdi sempre in una specie d’agonia patendo varii accidenti che di tanto in tanto facevano crederlo vicino a morire e risorgendo un momento appresso. Gl’ultimi singulti della morte furono brevi e non durarono lo spatio d’un hora e mezza ancor’essi assai miti e cher per quanto pote osservarsi non gl’erano un gran tormento. Spiro venerdi alle tre e mezza della sera pianto con caldissime lagrime da suoi tanto cattolici che protestanti, i quali l’hanno tutti per tanti giorni servito con un’amore et attenzione indicibile. La Regina non ha fatto un tutto questo tempo che piangere mà senza pero abandonare la cura degl’affari correnti. Morto il Re le più grandi angoscie mà persuasa alla fine di lasciarsi mettere in carrozza si è trasferta ad un convento delle monache della Visitatione posto in un villaggio vicino a Parigi per nome Challiot ove si tratterrà fino lunedi sera. Il Re s’era offerto di accompagnarvela in persona mà non ha voluto permetterglielo. Si ritroverà bene a S. Germano nel ritorno che S. M.tà vi farà per riporla nel suo appartamento, et allora si crede che visitarà la prima volta il successore in qualità di Re.
Il nunzio credette di non dover frapporre indulgio alcuno a far questa parte per dare un’esempio autentico agl’ altri ministri e per dimostrare tant maggiormente al nuovo Re la benevolenza della Sede Apolostica, onde passo subito a complimentarlo nel sup appartamento, dicendogli che nel gravissimo dolore che la Chiesa sentiva per la perdita d’un membro cosi principale qual era il Re defunto non poteva invenire maggiore consolazione di quella che gli proveniva dal riconoscerne S. M.tà per successore, non dubitendo che dovesse essere herede ugualmente delle virtù che delle corone del Padre e particolarmnte in cio che risguarda la costanza nella religionez per cui quel principe era stato cotanto glorioso. Rispose che S. S.tà poteva essere certa di haverlo sempre altretanto ubidiente quanto sia stato suo padre. Le disposizioni venture di quella corte non sono per ancora mote mà si avviseranno in appresso. In quanto alle ossequie S. M.tà Christianissima voleva fargliela fare reali a sue spese mà il Re defonto raccommando d’essere sepolto senze pompa e la Regina ha poi talmente insisito sopra la medesima istanza che si à rimasto di far transportare il cadavere senza pompa alle benedittine inglesi per tenervelo in deposito per fino a tanto che piaccia a Dio di disporre le cose in maniera da poterlo riportare nel sepolcro de suoi maggiori in Inghilterra. Ha bensi S. M.tà fatto fare un cuore d’argento dorato coronato alla reale per rinchiudervi quello del del defonto già trasferito segretamente a Challiot per essere risposto vicino a quello della Regina sua madre che si conserva nel medesimo luogo. Pensa inoltre a tutto cio che possa essere di sollievo, di conforto e di commodità alla Regina e procura d’usargli tutte le finezze possibili per consolarla. Il che si rende più necessario quanto l’afflittione dell’animo reca alla medesima pregiudizio anche nel corpo, trovandosi hoggi travagliata da mali di stomaco e da una straordinaria debolezza benche speri che le cose non siano per passare più oltre. »

Gualterio, Filippo Antonio

Lettre de Carlo Vigarani à la duchesse de Modène concernant la réception du grand-duc de Toscane et le petit appartement du roi à Saint-Germain-en-Laye

« Serenissima Altezza,
Dal letto, ove m’ha confinato alucni giorni sono l’excessiva occupatione havuta per le feste fattesi all’arrivo e dimora qui del Serenissimo Gran Principe di Toscana, subito ricevuti i pregiatissimi commandi de L. A. V. Serenissima, ho’ avisato il signore Pouch, acio con la sua destrezza, e in conformita d’essi commandi, dia qualche lume dell’intentione che hanno cuca il partito le persone, che pensano a la compra de le rendite dell’A. V. Serenissima, siche col prossimo ordinario spero potergliene render conto.
Con l’ultima mia avisai l’arrivo a la corte del Serenissimo Gran Principe, e come S. M. lo havesse ricevuto a la prima visita, come per sorpresa, cise ch’essendo S. M. ne la sua camera con il solo duca di Saint Agnan, ora primo gentilhuoma, e con tre o quattr’altri servitori all’entrar di S. A. mostra d’esser sorpreso, e lasciato il capello su la tavola s’avanzo alcuni passi a riceverlo. E di la lo condusse egli stesse da la Regina. Qualche giorno dopo, il Re havendolo contotto a Versaglia ivi lo regalo di musiche, balli, comedie, collationi, giardini illuminati, e fuochi d’artifizio ; tornando il Re a San Germano, e S. A a Parigi ove sta alloggiato in casa del suo residente benche sia sevito da tutti gli ufficiali, carozze e staffieri del Signore duca di Guisa, il che m’haveva da prima fatto credere che fosse anche allogiato in sua casa.
A San Germano dopoi sele e fatta redere una comedia galante framezzata con balletti, e musciha, e con qualche scena : cosa pero di poca importanza, dopo la quale ogni volta sene ritorna a dormir a Parigi, anzi a cena, essendo ben presso a meza notte quando fnisse l’opera, non essendovi stato convito alcuno per anche, ecredo non vene sara. Tutta la casa di Conde e ritirata credo per la discrepannza de titoli e delle precedenze. Li duchi e Pari non l’honna visitato perche non le ha voluto dar la mano. […]
Ha S. M. fatto fare qui due cabinetti nel suo appartamento tutti ricoperti per tutto di specchi incastrati in cornici di legno indorate e sopradipinte, opera richissima del signore Brun, pittore eccelente : sopra gli spechi son dipinti bellissimi comparti d’ornamenti, che fanno un ammirabil vaghezza, ma la pittura e dietro al cristallo tra esso e l’argento vivo ; maniere e studi nuovi a quale vado applicando con la speranza di ripatriare un giorno per godere l’istessa fortuna del Principe nella sua gloriosa servitu alla serenissima casa, e sotto i clementissimi auspizy de L. A. V. Serenissima, a la quale profadamente inchinandom, mi dedico, de L. A. V. Serenissima,
Umilissimo, devotissimo et obligatissimo servitore.
C. Vigarani
Di S. Germano, li 30 Augusto 1669 »

Rapport du marquis d’Antin concernant l’état des châteaux de Saint-Germain-en-Laye

« [f. 17] Sire,
Je fus visiter mercredy dernier une partie des pépinières de Morlet […]
[f. 17v] J’ay été à Saint Germain, lequel est en bon état en tout ce qui dépent du sieur de Ruzé et autres officiers. J’ai veu une chose qui m’a fort scandalizé : c’est la chambre dans laquelle est née Votre Majesté. Il n’est pas permis qu’elle soit abandonnée comme elle est. J’ay osé, Sire, pour la seule fois de ma vie, ordonner sans votre participation qu’elle fût rétablie incessamment et décorée comme il convient. Tous vos sujets, Sire, doivent respecter un lieu comme celuy là ; jugez de ce que je panse à mon particulier.
[Annotation du roi :] Bon
M. de Ruzé a vendu à Ober, charpentier, le vieux manège du roy d’Angleterre la somme de 3000 l. [f. 18] C’est en vérité moitié plus qu’il ne vaut, mais il m’a assuré qu’il avoit ancore été paié plus grassement quand il avoit été construit.
[Annotation du roi :] Bon
J’ay été au Val, que j’ai trouvé très bien soigné, les espalliers et les vergers en très bon état. Il n’y a quasi point de fruit cette année. Il y a quelque petite réparations à faire aux parquets, qui ne méritent pas de vous en importuner.
[Annotation du roi :] Bon
[…]
[f. 19] A Versailles, le 6 de juillet 1708 »

Maison du Roi (Ancien Régime)

Récit d’événements survenus au château de Saint-Germain-en-Laye

« De Saint Germain en Laye, le 5 janvier 1680
Le premier de ce mois
Feste de la Circoncision. Le Roy, accompagné des chevaliers de l’ordre du Saint Esprit, entendit dans la chapelle du vieux chateau la messe celebrée par l’archevesque d’Ambrun, evesque de Metz, commandeur des Ordres.
Le deuxiesme
Le baron Bielke, ambassadeur extraordinaire de Suede, eut audiance du Roy et le remercia de ce qu’il a obligé l’Electeur de Brandebourg à rendre au roy de Suede toutes les places qu’il avoit prises en Pomeranie.
De Paris, le 13 janvier 1680
Le duc de Crequi, premier gentilhomme de la chambre et gouverneur de cette ville, a eté choisy par le Roy pour aller en Baviere porter les presens de noces à madame la Dauphine et pour la conduire jusqu’à ce que elle soit arrivée en France.
Il partira aujourd’huy.
De Saint Germain en Laye, le 19 janvier 1680
Le quinziesme de ce mois
Le contrat de mariage du prince de Conty avec mademoiselle de Blois fut signé dans la chambre du Roy. Le Roy alla à 7 heures du soir dans la chambre de la Reine et passa ensuite dans la sienne avec toute la maison royale, qui s’etoit rendue chez la Reine. Le prince de Conty donna la main à mademoiselle de Blois. Elle avoit une mante dont la queue de cinq aunes de long etoit portée par mademoiselle de Nantes. Le Roy s’approcha d’une table qui etoit contre la muraille. A sa gauche etoit la Reine, et ensuite monseigneur le Dauphin, Monsieur, Madame, Mademoiselle, mademoiselle d’Orléans, madame la grande duchesse de Toscane, madame de Guise, le prince de Condé, le duc d’Anguyen, la duchesse d’Anguyen, le prince de la Roche sur Yon, mademoiselle de Bourbon, la princesse de Carignan, le comte de Vermandois, le duc du Maine, mademoiselle de Nantes et mademoiselle de Tours, tous rangés en demy cercle autour de la table. Le prince de Conty et mademoiselle de Blois se mirent l’un aupres de l’autre en dedans du demy cercle, vis à vis de la table. Le marquis de Seignelay, secretaire d’Etat, s’approcha du bout de la table vis à vis du Roy fit lut tout haut le commancement du contrat. Mais, à peine eut il lu une partie des qualités que le Roy lui dit que cela suffisoit et signa le contrat. Le prince de Conty se mit à sa place, entre la duchesse d’Anguyen et le prince de la Roche sur Yon, et mademoiselle de Blois à la sienne, entre le duc du Maine et mademoiselle de Nantes. La Reine, monseigneur le Dauphin, Monsieur, Madame et les princes et princesses de la maison royale signerent apres le Roy. Lorsque le contrat fut signé, le cardinal de Buillon, grand aumonier de France, entra en grand rochet et camail, suivy de l’abbé de Saint Luc, aumonier du Roi, et de quelques ecclesiastiques de la chapelle du Roy, et s’avança jusqu’au milieu de la chambre. Le prince de Conty et mademoiselle de Blois s’approcherent de luy et il fit ensuite les ceremonies ordinaires des fiançailles. Quand il demanda au prince de Conty s’il consentoit à prendre Anne Marie de Bourbon, là presente, pour sa femme, le prince de Conty, avant que de repondre, fit une reverence au Roy, une à la Reine, et une au prince de Condé comme à son tuteur, pour leur demander la permission. Et lorsqu’il demanda à mademoiselle de Blois s elle promettoit de prendre Louis Armand de Bourbon, prince de Conty, là present, pour son maris, avant que de repondre, elle se tourna vers le Roy et vers la Reine pour leur en demander la permission. Les fiançailles achevées, le cardinal de Buillon se retira et le Roy et toute la cour allerent à l’opera. Le lendemain, le cardinal de Buillon fit la ceremonie du mariage dans la chapelle du vieux chateau, en presence du Roy, de la Reine et de toute la maison royale, et, apres la messe, il baptisa le duc de Bourbon. Le Roy fut son parrain et Madame fut sa maraine. Le Roi le nomma Louis. Ensuite, le Roi alla disner avec la Reine, monseigneur le Dauphin, Monsieur, Madame, monsieur le duc de Chartres, Mademoiselle, mademoiselle d’Orleans, madame la grande duchesse, madame de Guise, et la princesse de Conty.
Le soir, il y eut comedie, et, apres la comedie, un grand souper, où le Roy, la Reine, monseigneur le Dauphin, Monsieur, Madame, monsieur le duc de Chartres, toutes les princesses de la maison royale et cinquante femme de qualité mangerent à une table qui fut servie à trois services de pres de 200 plats chacun. Le cardinal de Builon fit la benediction du lit. Le Roy donna la chemise au prince de Conty. Le lendemain, le Roy et la Reine allerent la voir dans son appartement au chateau neuf. Le Roy a donné à la princesse de Conty le duché de Vaujours, un million d’argent comptant, 100000 l. de pension et beaucoup de pierreries, au prince de Conty cinquante mil écus d’argent comptant et une pension de 25000 ecus, et une de 20000 au prince de la Roche sur Yon.
Le Roy a donné au sieur Fagon, medecin de la Reine, la charge de premier medecin de madame la Dauphine.
Le huit de ce mois
Les deputés des Etats de Bourgogne, conduis par le marquis de Rhodes, grand maistre des ceremonies, et presenté par le duc d’Anguyen, gouverneur de la province, et par le marquis de Chateauneuf, secretaire d’Etat, eurent audiance du Roy. L’evesque d’Auxerre etoit deputé du clergé et porta la parole, et le comte de Briord etoit deputé de la noblesse.
Le douziesme, ils eurent aussi audiance de Monsieur et de Madame, et y furent conduis par le sieur de Saintot, maistre des ceremonies.
Le Roy a donné l’eveché de Carcassone a Louis de Bourlemont, eveque de Frejus, celui de Frejus à Jacques Potier de Novion, eveque de Cisteron, et l’abbaye de Ligues, dans le Boulonnois, au frere du sieur de Megrigny, gouverneur de la citadelle de Tournay.
Le quinziesme
Les sieurs Boreel et Dyckfeld, ambassadeurs extraordinaires de Hollande, eurent audiance particuliere du Roy, et y furent conduis par le sieur de Bonneuil, introducteur des ambassadeurs.
De paris, le 20 janvier 1680
Le treiziesme de ce mois, Marie Françoise de Lorraine, fille de Charles de Lorraine, duc d’Elbeuf, chef de la maison de Lorraine en France, fit profession dans le couvent des flles de Sainte Marie du fauxbourg Saint Germain. La Reine lui donna le voile noir. Le cardinal de Buillon, son oncle, fit la ceremonie et l’abbé des Alleurs prescha.
On a fait aujourd’huy dans l’eglise du Val de Grace l’anniversaire de la reine mere. Monsieur et Madame y ont assisté. »

Lettre concernant le passage du roi par le pont de Neuilly

« Monsieur,
Monsieur Berryer a parlé à messieurs les interessez des gabelles, qui sont tous prestz à signer l’oblugation pour l’hostel d’Espernon en la forme qu’on la désirera. Madame la comtesse de Fleix, qui estoit venue icy cette apres disnée avec la Reyne mere, y est demeurée pour signer demain le contract, si bien, Monsieur, qu’il ne reste plus qu’à reformer l’ordonnance de fonds et y comprendre les interestz des IIIc IIIIxx IIIIm Vc XVI l. par proportions de temps, et les taxations du trésorier, comme vous l’avés trouvé bon. Je vous la renvoye, Monsieur, avec le calcul de ce à quoy montent les interests et taxations. Je vous supplie tres humblement d’avoir agreable de commander qu’on me l’a renvoie au plus tos, afin de mettre la derniere main à cette affaire.
Le Roy en passant hier à Neuilly trouva que le pont trembloit. Et la reyne d’Angleterre tesmoingna ensuitte à Sa Majesté qu’il estoit en tres mauvais estat. Elle m’envoya commander par un de ses gardes du corps d’y aller ce matin avec beaucoup de charpentiers pour reconoistre le mal et y faire travailler sur le champs. M. Le Vau, M. Warin, M. Petit, le bonhomme Dublet, Bruand, maitre des œuvres de charpenterie, Bergeron, entrepreneur du Louvre, y sont venus avec moy, et j’y aurai mené Villedot s’il eust esté en cette ville. Nous avons trouvé que tout le pont en general ne vault pas grand argent, qu’il est absolument necessaire de travailler, et promptement, à quelques reparations qui sont indispensables, et particulierement à mettre trois poutres au lieu de pareil nombre qui sont cassées, sept ou huit grand poteaux et contrefiches, remoiser et mettre des liens à touttes les travées, et rechercher le couchy de celles qui sont les plsu ruinées, moyenant quoy il n’y aura rien à craindre de quelque temps. Mais sans cella, tous demeurent d’accord, mesmes le maitre du pont et un charpentier assez entendu qui s’est trouvé sur le lieu, qu’il n’est pas en estat de pouvoir subsister. J’ay esté puis voir madame de Schomberg et luy dire l’estat des choses, mais ne l’ayant pas trouvée chez elle, elle m’a envoié deux heures apres un gentilhomme de ses parens en qui elle se confie de touttes ses affaires, pour m’asseurer qu’elle fera executer ponctuellement et le plus diligemment qu’il sera possible tout ce que l’on ordonnera. Sur quoy jay vu qu’il suffisoit d’ordonner au maitre des œuvres, en la presence dud. gentilhomme, et au charpentier des lieux de mettre demain douse charpentiers en besongne avec dix manœuvres, et lundy vingt et autant de manœuvres, pour faire tout ce qui est prescrit dans un mémoire qui leur a esté donné, ce qui leur sera d’autant plus aisé que la pluspart du bois necessaire se trouve tout amassé depuis longtemps sur les lieux. Le maistre des œuvres m’a donné sa parolle precise de n’y pas manquer. Je vous importune de tout ce detail, Monsieur, afin que si vous este d’avis d’en informer le Roy (qui en peut estre en peine), vous le puissiez faire. Les tresoriers de France avoient donné une ordonnance dattée du jour d’hier portant ordre aud. maitre des œuvres de travailler au pont dans trois jours à peine de cent livres d’amande, et trois jours apres de constraincte par corps. Voilà les propres termes.
Je suis avec plus de respect et de passion que personne au monde, Monsieur, vostre tres humble et tres obeissant serviteur.
Ratabon
A Paris, ce 22 juillet 1662 »

Ratabon, Antoine (de)

Quittance pour des sommes payées pour l’usage du dauphin

« Nous soubzsignez conseiller du Roy en son conseil d’Estat, chevallier des ordres et premier gentilhomme de la chambre de Sa Majesté, confessons avoir receu comptant de monsieur Ferras, aussy conseiller du Roy et tresorier de son Argenterie, la somme de quinze centz quatre vingtz dix livres, scavoir VIIc IIIIxx X l. pour le payement de six paires de draps qui ont esté acheptez pour servir à monseigneur le Daulphin, et VIIc l. pour la nourriture et entretenement de deux chevaux et de la caleche de mond. seigneur le Daulphin durant l’année MVIc quarente un, de laquelle somme de XVc IIIIxx X l. tournois nous nous tenons pour contentz et bien payez, et en quittons led. sieur Feras et tous autres par la presente signée de nostre main ce dernier jour de decembre MVIc quarente deux.
De Souvré »

Récit par le maître des cérémonies Nicolas Sainctot de l’audience donnée par le roi à Soliman Aga, ambassadeur du sultan, au Château-Neuf

« [f. 124] Le 5e [décembre], le sieur de Berlise, introducteur des ambassadeurs, estant venu prendre Soliman dans les carosses du Roy et de la Reine, ils entrerent dans celuy du Roy avec les sieurs de la Giberti, l’interprete et l’aumonier. Ils dinerent à Chatou, où l’on amena les chevaux de la grande ecuirie qu’ils enharnacherent à leur mode [f. 124v] et qu’ils renvoyerent au Pec. Ils decendirent de carrosse et monterent sur les chevaux qui les attendoient, se mettant en marche deux à deux, ayant le sieur Giraud à leur teste.
Soliman marchoit entre le sieur de Breslise et le sieur de la Giberti, ayant son interprete devant luy. Une des circonstances qui est plus à remarquer est que les Turcs estoient sans armes et que Soliman n’avoit pas meme de sabre. Ils entrerent en cet ordre dans la cour du chateau neuf, où ils trouverent des bataillons formez par les compagnies des regimens des gardes françoises et suisses et des escadrons formez par les mousquetaires. Les chevaux legers, les gendarmes, les gardes du corps, les gardes de la porte, les archers du grand prevost, les Cent Suisses estoient en haye depuis la porte de la petite cour jusqu’au haut du perron. Soliman mit pied à terre dez l’entrée de la petite cour, n’estant pas suffisante pour contenir le nombre de chevaux qui l’accompagnoient, et marcha à pied dans le mesme ordre qu’il estoit venu, passant au travers de la garde ordinaire des gardes du corps qui se trouverent sur le perron dans la salle des gardes. De là, il passa dans plusieurs chambres superbement tendues et se rendit ainsy dans la grande galerie [f. 125] où le Roy l’attendoit.
Cette galerie estoit parée de plusieurs belles tapisseries de la Couronne. Tout le parterre etoit couvert de tapis de pied et les deux costez de la galerie estoient remplis de grands vases d’argent elevez sur des pies destaux aussy d’argent. Au bout de la galerie estoit un trone elevé sur huit marches orné de pareils vases et de caisses d’argent dont le prix estoit de plus de vingt millions. Monsieur, M. le Prince et M. le duc d’Enguien estoient à ses costez, vestus de tres superbes habits, et tous les seigneurs de la cour, qui estoient en si grand nombre qu’ils formoient un triple rang le long de la galerie, estoient aussy tres magnifiquement habillez.
Lorsque Soliman entra dans la galerie, le bruit qui s’y faisoit auparavant cessa d’une manière si surprenante, au seul signal que Sa Majesté fit, qu’il a declaré depuis avoir esté surpris du profond respect que les courtisans rendent au Roy.
Quelque temps quant Soliman entrast dans cette galerie, il tira la lettre du Grand Seigneur d’une toilette qui estoit renfermée dans un sac de brocard de la longueur d’un pied et la tint dans ses mains, elevée de la hauteur de sa barbe, marchant toujours entre les sieurs de Berlise et de la Giberti jusques au pied du trosne, faisant avec tous ses gens le mesme nombre de reverences que le sieur Giraud qui estoit à leur teste.
Soliman, estant arrivé au pied des degrez du trone, fit une profonde reverence et commença son compliment, qui fut expliqué par son interprete en ces termes : Sire, Soliman Aga dit à Vostre tres haute et tres puissante Majesté imperiale que le tres haut et tres puissant empereur ottoman sultan Mahomet Han, quatrieme du nom, son maitre, l’envoye à Vostre tres haute et tres puissante Majesté imperiale luy porter cette lettre et luy dire que les deux empires ont toujours esté en tres bonne intelligence, qu’il en souhaite la continuation et que, pour cet effet, il a retenu M. de la Haye Ventelet, ambassadeur de Vostre Majesté imperiale à la Porte et souhaite à vostre tres haute et tres puissante Majesté imperiale toute sorte de bonheur, de felicité et de prolongation de vos jours. A quoy le Roy repondit qu’il avoit toujours eu bien de la joye [f. 126] de voir l’intelligence qui estoit entre les deux empires, que de son coté il contribueroit toujours à l’entretenir et qu’il pouvoit remettre sa lettre entre les mains de M. de Lionne. L’interprete ayant fait attendre à Soliman la reponse du Roy, Soliman dit à Sa Majesté que le Grand Seigneur, son maitre, luy ayant commandé de remettre sa lettre entre les mains propres de Sa Majesté, il la supplioit de luy faire cet honneur. Sa Majesté luy ayant accordé volontiers cette grace, il monta les degrez du trone, tenant toujours sa lettre elevée. Estant au dernier degré, et voyant Sa Majesté ne se lever pas pour recevoir la lettre, il dit que, lorsque le Grand Seigneur, son maitre, la luy avoit donné, il s’estoit levé en signe d’estime et d’amitié pour Sa Majesté, qu’il la supplioit de vouloir la recevoir de la mesme manière qu’il la luy avoit donnée. Le sieur de Lyonne, ayant appris par l’interprete le dessein de Soliman, lui demanda qui pouvoit estre garand de ce qu’il advançoit, ce qui neantmoins ne lui fut point interpreté, le Roy dans le moment s’estant tourné vers le sieur de Guitry, grand maitre de la garde robe, qui s’estoit autrefois trouvé à la Porte à l’audiance de M. de la Haye, luy [f. 126v] demanda si le Grand Seigneur s’estoit levé lorsque son ambassadeur luy avoir rendu sa lettre. Le sieur de Guitry luy ayant repondu que non, dit tout haut que, puisque le Grand Seigneur en recevant ses lettres par les mains de ses ambassadeurs ne se levoit pas, il ne se leveroit pas, aussy qu’il n’avoit qu’à donner sa lettre. La volonté du Roy estant connue à Soliman, il baisa le sac où estoit la lettre et, après l’avoir fait toucher à son front en faisant une profonde reverence, il la presenta au Roy qui la prit et la donna à M. de Lionne, qui appella les interpretes, le sieur Delacroix et le chevalier Dervius.
Dans le temps que les interpretes lisoient la subscription qui estoit sur un parchement et qui fermoit l’entrée du sac et qu’ils expliquoient au Roy les qualitez que le Grand Seigneur lui donnoit, Soliman descendit au bas du trone apres avoir fait une reverence, où estant, et branlant la teste, il dit tout haut que le Grand Seigneur ne seroit pas satisfait de la manière que le Roy recevoit sa lettre. Sa Majesté s’estant apperceu de ce mouvement de colere, demanda ce qu’il avoit dit, et luy ayant esté expliqué, aussitost dist tout haut et d’un ton serieux qu’il verroit la lettre et qu’il feroit reponse. Soliman, ayant sceu par son interprete ce que le Roy [f. 127] venoit de dire, il se retira en faisant trois reverences, apres lesquelles, ayant voulu tourner le dos à Sa Majesté, le sieur de la Giberti, qui estoit à sa droite, luy fit aussitost tourner le visage jusques à ce que le vuide qui estoit entre le Roy et Soliman fut remply et qu’il ne fut point en estat d’estre apperceu de Sa Majesté. Soliman se retira dans le mesme ordre qu’il estoit venu et remonta à cheval avec toute sa suite hors les portes du chateau neuf. »

Récit de la naissance de Louis XIV et des relevailles à Saint-Germain-en-Laye

« Ordre des ceremonies faites à la naissance de mondit seigneur le Dauphin, tant à Saint Germain que à Paris, en septembre 1638
Ce discours est de monsieur Saintot, maistre des ceremonies
La Reyne commença à se sentir du travail de son accouchement le samedy quatriesme de septembre mil six cens trente huit à unze heures du soir.
Le dimanche cinquiesme ensuivant, sur les cinq heures du matin, les douleurs s’augmenterent, dont le Roy fut adverty par la damoiselle Filandre. Sa Majesté en mesme temps alla chez la Reyne et envoya advertir monseigneur son frere unique, et aussi pareillement madame la Princesse et madame la Comtesse, lesquels se rendirent tous chez la Reyne à six heures du matin. Il n’y avoit en ladite chambre que le Roy, monseigneur son frere, ces deux princesses, madame de Vendosme par une grace particuliere que le Roy octroya à sa personne, sans qu’aucune princesse ny duchesse en peust prendre consequence, la dame de Lansac, comme destinée gouvernante du fruict qu’il plairoit à Dieu de donner, la future nourrisse de monseigneur le Dauphin, les dames de Senecey et de La Flotte, dames d’honneur et d’atour, les femmes de chambre et la dame Peronne, sage femme, laquelle seule accoucha la Reyne. Derriere et dehors le pavillon de l’accouchement, et à un coin de la chambre, estoit dressé un petit autel où les sieurs evesques de Lisieux, de Meaux et de Beauvais dirent les uns apres les autres leurs messes, et apres, devant ledit autel, firent continuellement des prieres jusques à ce que la Reyne fut accouchée, ce qui arriva sur les unze heures du matin. Dans le grand cabinet de la Reyne, proche la chambre, où le Roy alloit et venoit de l’une à l’autre, estoient la princesse de Guymené, les duchesse de La Trimouille et de Bouillon, les dames de La Ville aux Clercs, de Liancourt, de Mortemar, et quantité d’autres dames de condition de la cour et les filles de la Reyne, Monsieur l’evesque de Meaux, les ducs de Vendosme, de Chevreuse et de Montbason, les sieurs de Souvré, de Liancourt, de Mortemar, de La Ville aux Clercs, de Brion et de Chavigny, les archevesques de Bourges, evesques de Chaalons, de Dardanie, du Mans et quantité de personnes de condition de la cour, de prelats et principaux officiers de la maison du Roy. Donc sur les unze heures, la Reyne [p. 219] accoucha d’un filz, où dans le mesme instant le Roy le fit ondoyer dans la chambre par l’evesque de Meaux, son premier aumosnier, y assistant en outre tous les princes, princesses, seigneurs et dames de la cour, et monsieur le chancelier. Et après le Roy fut en la chapelle du vieux chasteau, suivy et accompagné de toute la cour, où le Te Deum fut chanté avec grande ceremonie. Puis Sa Majesté expedia le sieur du Perré Bailleul à Paris vers le corps de ville, seulement en donner advis.
[…]
[p. 228] Le dimanche vingt sixieme du susdit mois de septembre, la Reyne voulut estre relevée de sa couche et joindre publiquement ses actions de graces à celles de ses peuples, pour redonner à Dieu par voye de sacrifice et re connoissance ce precieux enfant qu’elle avoit receu de luy à titre de bienfait. Le defunt evesque de Lisieux, assez conneu entre ceux de son ordre par les avantages de sa doctrine et de son zele, eut à cet effet ordre expres de Sa Majesté de se rendre à Sainct Germain en Laye pour y celebrer la messe dans sa chambre, à laquelle assisterent plusieurs autres prelats, avec toute sa cour. Apres l’offertoire, le celebrant s’estant tourné pour attendre la Reyne, elle se leva de son drap de pied, qui par dessein avoit esté tenu dans la ruelle de son lict, et fort loin de l’autel, d’où Sa Majesté partit tenant son fils entre ses bras, comme les premices de son sainct mariage, qu’elle porta jusqu’à l’autel, où elle en fit à deux genoux une oblation au roy des roys, le destinant à son service avec sa personne sacrée, et luy donnant l’arbre et le fruict par une mesme offrande, qu’ensuite Sa Majesté scella par une communion qu’elle fit. La messe achevée, et l’evesque de Lisieux estant en pluvial et en mitre, Sadite Majesté prit monseigneur le Dauphin une seconde fois et l’alla presenter à la ceremonie. En cette solennité, outre les dames et les principaux officiers de sa Maison, employez à divers ministeres selon leur qualité, l’evesque de Saint Brieux et l’abbé de Sainct Denys, premier aumosnier de Sa Majesté, tenoient l’estole [p. 229] sur la teste de monseigneur le Dauphin, et l’evesque de Lisieux commençant la lecture de l’Evangile, ce fut merville que cet enfant royal arresta fixement sa veue sur ce grand prelat sans poussez un seul cry, comme si des l’entrée de sa vie Dieu l’eust rendu capable d’honorer les mysteres de l’Eglise par cette attention et ce silence respectueux. Mais c’est chose plus remarquable que l’evesque de Lisieux, prononçant certaines paroles qui l’obligerent de prendre ce petit prince par la main, à mesme temps il luy serra la sienne d’une vigueur et d’une force toute extraordinaire, donnant par là des augures qu’un jour son bras et sa puissance sera liée à celle des pasteurs pour la gloire de Dieu, pour le soustien de la Religion et la defense de l’Eglise. Cette ceremonie dura bien pres de trois quarts d’heure, pendant lesquels Sa Majesté portoit tousjours sans secours de personne ce cher enfant, de qui la contenance ravissoit tout le monde. Apres cela, on laisse à juger si ce n’estoit pas la raison que tous les soins des François et leurs affections fussent lors attachées à son berceau, s’il n’estoit pas juste d’esperer que ce soleil levant dissipera un jour tous les nuages qui couvrent ce royaume et si cette esperance n’oblige pas de benir à jamais Dieu qui l’a donné, le Roy qui l’a produit, et la Reyne qui l’a conceu pour la prosperité de cette monarchie.
Le lundy vingt septiesme septembre, le feu Roy partit de Chantilly et vint coucher à Luzarche, le lendemain à Escouan et arriva le mercredy vingt neufieme à Sainct Germain, où le defunt cardinal duc de Richelieu se rendit aussi des armées de Picardie le mesme jour et quasi à mesme heure que Sa Majesté, laquelle il trouva dans la chambre de monseigneur le Dauphin, où la Reyne estoit aussi. Il seroit mal aisé d’exprimer de quels transports de joye Son Eminence fut alors touchée, voyant entre le père et la mere cet admirable enfant, l’objet de ses souhaits et le dernier terme de son contentement. Puis Sadite Eminence s’en alla coucher à Ruel. »

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