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Louis XIV Saint-Germain-en-Laye
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Récit par le nonce Gualterio de la mort de Jacques II à Saint-Germain-en-Laye

« Su l’avviso che giunse la notte de 12 del corrente dello stato pericolossimo in cui si trovava il Re britannico stimo il nunzio a proposito di traferirsi la matina seguente alla corte de San Germano. Vi trovo S. M.tà con febre, che gli ripligliava per fino a tre volte il giorno con una prostratione totale di forze, e con una sonnolenza gravissima, la quale lo faceva continuamente dormire senza pero impedirgli di riscuotersi ogni volta che volevano dirgli qualche cosa e di rispondere adattatamente con uso di ragione che ha conservato sempre intierissimo per fino all’ultimo. I medici lo facevano fino d’allora disperato, onde il nunzio predetto credette che per edificazione delle due corti e per dimostratione di riconoscenza ad un prencipe ch’era stato coisi fedele alla Chiesa gli corresse debito di assistergli per fino all’ ultimo respiro, si come ha fatto in effetti non abbandonandolo né giorno né notte dal martedi matina perfino al venerdi sera in cui rese l’anima a Dio. Continuo è stato altresi il concorso d’' prencipi della case reale e de gran signori che sono andati a sapere di mano in mano lo stato della sua salute, mà tra gli altri si è distinto con particolari marche d’affetto il sig. prencipe di Conti che per essere cugino germano della Regina ha voluto usare con essa particolari finezze restendo tutti que’ giorni dalla matina per fino alla sera in San Germano. Il Re ha mandato ogni giorno più signori della prima sfera ad informasi dello stato delle cose, et il mercordi dopo desinare vi venne egli stesso in persona. Il nunzio si ritrovava nella stanza della Regina quando fù portato l’avviso della sua venuta. S. M.tà gli disse che non haverebbe voluto che il Re Christianissimo passasse per la stanza dell’infermo, dubitando che si come s’erano sempre teneramente amati cosi potesse seguire una vicendevole commotione in vedersi, e lo incarico di procurare d’indure S. M.tà a passare per un picciolo balcone al di fuori. Il nunzio prego il sig. duca di Lauson [Lauzun] ad insinuarlo a S. M.tà, il quale non fece difficoltà di prendere quella strada mà trovato poi esso nunzio sul medesimo balcone gl’espresse un sommo desiderio di vedere onninamente il Re Britannico, in maniera che si concerto che cio sarebbe seguito appresso la visita della Regina. Entrata S. M.tà nella di lei stanza, fece instanza che si chiamasse il prencipe di Galles. Venuto questi rimasero tutti tre soli, mà si è poi saputo per bocca del Re medesimo che il picciolo prencipe si come era stato un tempo considerabile senza vedere la madre cosi subito che fù entrato nella camera senza riguardo del Re presente gli si getto al collo e ivi con molte lagrime s’abbracciarono cosi teneramente che il Re dice d’havere havuto della pena a distaccarli l’uno dell’alltra. La Regina a cui tratanto il. Re haveva communicato la propria intentione notifico al prencipe la risoluzione presa da S. M.tà di riconoscerlo e trattarlo da Re ogni volte che venisse a mancare il Re suo padre. Il fanciullo che non havea notizia alcuna dell’avvenimento e che non poteva havere ne tampoco sepranza nientedimeno riceve tal avviso come se vi fosse stato preparato, e gettandosi a i piedi del Re gli desse queste precise parole: Io non mi scodero mai che sete voi che mi fate Re, e qualsivolglia cosa che mi succeda impiergaro questa dignità a farvi conoscere la mia riconoscenza. Il Re gli disse che lo faceva volontieri mà sotto conditione che conservasse sempre immutabile le religione cattolica, in cui era stato educato, mentre se fosse stato mai possibile ch’egli l’abandonnasse o volesse anche solamente nasconderla non solo perderebbe affatto la sua amicitia mà sarebbe risguardato con horrore di tutti gl’huomini da bene che sono nel mondo e come l’ultimo e il più vile degl’huomini. A che il prencipe rispose con le proteste della maggiore costanza. Più altre cose furono dette vicendevolmente sopra lo stesso argomento; dopo di che il prencipe si ritirà et essendo uscito dalla camera dirottamente piangendo dette motivo a milord Perth suo governatore di dimandargli che cosa gl’havesse detto il Re di Francia: mà gli rispose che ne haveva promesso il segreto a S. M.tà e che non poteva violarlo. In effetti non vole dirle cosa alcuna. Bensi tornato al suo appartamente si rinchiuse nel gabinetto e si pose a scrivere e domandatogli dal governatore medesimo cio che notasse disse senz’ altro ch’era il discorso tenutogli dal Re Christianissimo, il quale voleva poter rileggere tutti i giorni della sua vita.
S. M.tà fini tratanto la visita della Regina et accostandosi al letto del Re infermo gli fece i più cordiali complimenti. L’altro assopito nella sua sonnolenza habbe sul principio qualche difficoltà a riconoscerlo e l’andava ricercando quasi sospeso con gl’occhi, mà rivoltosi finalmente alla parte ove il Re era, tosto che l’hebbe veduto pose la bocca al riso e dimostro un estremo piacere. La ringratio poi di tutte le finezze le quali qu’usava e singolarmente d’havergli mandato il giorno antecedente il suo primo medico. Dopo varie espressioni d’affetto il Re Christianissimo disse che haverebbe voluto parlare di qualche negozio a S. M.tà Britannica. Ciascheduno volea ritirasi per rispetto mà il Re comando che tutti si fermassero et alzando la voce disse che volea assicurarlo che quando Dio havesse fatto altro di lui, haverebbe presa cura particolare del principe di Galles, e non minore di quella che potesse haverne esso stesso se fosse vivo; che dopo la sua morte lo riconoscerebbe per Re e lo trattarebbe nella medesima forma con cui haveva trattato lui medesimo. Cio che gli rispondesse il Re Britannico non pote udirsi perchè l’Inglesi, de’ quali era piena la camera e che non solamente non s’attendevano ad una tale dichiaratione mà per il contrario haveano probabilità tali da credere tutto l’opposto dettero tutti un’alto grido di Viva il Re di Franci, e gettandosi a i piedi di S.M.tà gli testimoniaronon la loro gratitudine d’une maniera che quanto era più viva et in un certo modo lontana dal rispetto ordinario tanto maggiormente mostrava i sentimenti de loro cuori. Il nunzio dopo haver dato luogo a tal transporto di gioia in quelle genti s’accosto ancor’egli a S. M.tà e gli disse che lo ringratiava a nom di tutta la Chiesa dell’atto eroïco il qual veniva di fare, pregando Dio a volerglielo ricompenzare con altretante fecilità. S. M.tà rispose allora con somma benignità e poi esso nunzio essendo andato servendolo per fino alla carrozza lo richiamo per strada e gli soggiunse ch’egli ben sapeva di quale importanza poteva essere tale risoluzione e conosceva le difficoltà che potevano esservi state mà che il rispetto della religione havea sorpoassato ogni cosa e ve lo haveva unicamente determinato. Si sa poi S. M.tà haver detto in appresso che ben conosceva tutti gli pregiuditii che poteva recargli una cosi fatta determinazione, la quale haverebbe dato pretesto al prencipe d’Oranges d fare de’ strepiti in Inghilterra di suscitargli contro il Parlemento e forse di caggionargli la guerra mà che havea voluto che gl’interessi della religione passassero innazi a tutte le altre cose, lasciando a Dio la cura del resto. In effetti si penetra che la maggior parte del Consiglio fosse di contraria opinione e che l’operato si debbia al solo arbitrio del Re. E’vero che i prencipi della casa reale erano stati di tal desiderio et hanno dimostrato una somma sodisfazione del successo; il duca di Borgogna particolarmente, che se n’espresse ne’ termini più forti che possino imaginarsi.
Ritornando al Re defonto è certo che questa è stata la maggiore consolazione che potesse havere morendo, mentre altro affare temporale non gl’occupava la mente. Ne ha dati altresi gli contrassegni maggiori mentre ordino subito che il prencipe si traferisse a Marli per ringraziarne S. M.tà se bene la Regina non giudico poi d’inviarvelo havendosi mandato in sua vece milord Midleton suo primo ministro. La matina seguente si fece chiamare di bel nuovo esso prencipe e parlandogli del medesimo affare gli ricordo la fedeltà a Dio, l’ubidienza alla madre e la riconoscenza al Re Christianissimo. Né poi ha parlato con alcun prencipe o signore della corte di Francia che non gl’habbia tenuto ragionmento sopra di cio et espressegli le grandi obligazioni che sentiva sù tale soggetto. Queste sono state le sole parole ch’egli habbia impiegate negl’affari del mondo. Tutto il rimanente non ha risguardolo che il Cielo, eccitando di tempo in tempo i preti e i religiosi che l’assistevano a dire delle orazioni, scegliendo esso stesso quelle che maggiormente desiderava e sopra tutto mostrando un sommo desiderio et una somma divozione della messa, recitandosi la quale egli che nel rimanente del tempo soleva essere addormentato si è sempre tenuto con gl’occhi aperti e facendo con la testa tutti que’ segni di venerazione che la sua positione e la sua debolezza potevano permettergli all’elevazione. Fino agl’ultimi respiri è stato udito recitare delle preghiere et allorché gli manco la voce fù veduto movere a tal ogetto le labra. Oltre di cio ha dimostrata una tranquilità d’animo infinita et una rassegnatione eroica al divino volere: consolandro egli stesso la Regina del dolore che dimostrava per la sua perdita. Ha finalmente dell’infermità et havendo sempre riposto che stava bene. Ha habuto una esatta ubidienza alle ordinationi de’ medici et ha preso senza replica tutto quello che hanno voluto dargli benche vi havesse per altro ripugnanza. Finalmente ha havuto sempre il giuditio sanissimo e la mente etiandio più pronta e più libera di quella che l’havesse per molti mesi antecedenti. Gli è durato de lunedi fino al venerdi sempre in una specie d’agonia patendo varii accidenti che di tanto in tanto facevano crederlo vicino a morire e risorgendo un momento appresso. Gl’ultimi singulti della morte furono brevi e non durarono lo spatio d’un hora e mezza ancor’essi assai miti e cher per quanto pote osservarsi non gl’erano un gran tormento. Spiro venerdi alle tre e mezza della sera pianto con caldissime lagrime da suoi tanto cattolici che protestanti, i quali l’hanno tutti per tanti giorni servito con un’amore et attenzione indicibile. La Regina non ha fatto un tutto questo tempo che piangere mà senza pero abandonare la cura degl’affari correnti. Morto il Re le più grandi angoscie mà persuasa alla fine di lasciarsi mettere in carrozza si è trasferta ad un convento delle monache della Visitatione posto in un villaggio vicino a Parigi per nome Challiot ove si tratterrà fino lunedi sera. Il Re s’era offerto di accompagnarvela in persona mà non ha voluto permetterglielo. Si ritroverà bene a S. Germano nel ritorno che S. M.tà vi farà per riporla nel suo appartamento, et allora si crede che visitarà la prima volta il successore in qualità di Re.
Il nunzio credette di non dover frapporre indulgio alcuno a far questa parte per dare un’esempio autentico agl’ altri ministri e per dimostrare tant maggiormente al nuovo Re la benevolenza della Sede Apolostica, onde passo subito a complimentarlo nel sup appartamento, dicendogli che nel gravissimo dolore che la Chiesa sentiva per la perdita d’un membro cosi principale qual era il Re defunto non poteva invenire maggiore consolazione di quella che gli proveniva dal riconoscerne S. M.tà per successore, non dubitendo che dovesse essere herede ugualmente delle virtù che delle corone del Padre e particolarmnte in cio che risguarda la costanza nella religionez per cui quel principe era stato cotanto glorioso. Rispose che S. S.tà poteva essere certa di haverlo sempre altretanto ubidiente quanto sia stato suo padre. Le disposizioni venture di quella corte non sono per ancora mote mà si avviseranno in appresso. In quanto alle ossequie S. M.tà Christianissima voleva fargliela fare reali a sue spese mà il Re defonto raccommando d’essere sepolto senze pompa e la Regina ha poi talmente insisito sopra la medesima istanza che si à rimasto di far transportare il cadavere senza pompa alle benedittine inglesi per tenervelo in deposito per fino a tanto che piaccia a Dio di disporre le cose in maniera da poterlo riportare nel sepolcro de suoi maggiori in Inghilterra. Ha bensi S. M.tà fatto fare un cuore d’argento dorato coronato alla reale per rinchiudervi quello del del defonto già trasferito segretamente a Challiot per essere risposto vicino a quello della Regina sua madre che si conserva nel medesimo luogo. Pensa inoltre a tutto cio che possa essere di sollievo, di conforto e di commodità alla Regina e procura d’usargli tutte le finezze possibili per consolarla. Il che si rende più necessario quanto l’afflittione dell’animo reca alla medesima pregiudizio anche nel corpo, trovandosi hoggi travagliata da mali di stomaco e da una straordinaria debolezza benche speri che le cose non siano per passare più oltre. »

Gualterio, Filippo Antonio

Lettre de Carlo Vigarani à la duchesse de Modène concernant la réception du grand-duc de Toscane et le petit appartement du roi à Saint-Germain-en-Laye

« Serenissima Altezza,
Dal letto, ove m’ha confinato alucni giorni sono l’excessiva occupatione havuta per le feste fattesi all’arrivo e dimora qui del Serenissimo Gran Principe di Toscana, subito ricevuti i pregiatissimi commandi de L. A. V. Serenissima, ho’ avisato il signore Pouch, acio con la sua destrezza, e in conformita d’essi commandi, dia qualche lume dell’intentione che hanno cuca il partito le persone, che pensano a la compra de le rendite dell’A. V. Serenissima, siche col prossimo ordinario spero potergliene render conto.
Con l’ultima mia avisai l’arrivo a la corte del Serenissimo Gran Principe, e come S. M. lo havesse ricevuto a la prima visita, come per sorpresa, cise ch’essendo S. M. ne la sua camera con il solo duca di Saint Agnan, ora primo gentilhuoma, e con tre o quattr’altri servitori all’entrar di S. A. mostra d’esser sorpreso, e lasciato il capello su la tavola s’avanzo alcuni passi a riceverlo. E di la lo condusse egli stesse da la Regina. Qualche giorno dopo, il Re havendolo contotto a Versaglia ivi lo regalo di musiche, balli, comedie, collationi, giardini illuminati, e fuochi d’artifizio ; tornando il Re a San Germano, e S. A a Parigi ove sta alloggiato in casa del suo residente benche sia sevito da tutti gli ufficiali, carozze e staffieri del Signore duca di Guisa, il che m’haveva da prima fatto credere che fosse anche allogiato in sua casa.
A San Germano dopoi sele e fatta redere una comedia galante framezzata con balletti, e musciha, e con qualche scena : cosa pero di poca importanza, dopo la quale ogni volta sene ritorna a dormir a Parigi, anzi a cena, essendo ben presso a meza notte quando fnisse l’opera, non essendovi stato convito alcuno per anche, ecredo non vene sara. Tutta la casa di Conde e ritirata credo per la discrepannza de titoli e delle precedenze. Li duchi e Pari non l’honna visitato perche non le ha voluto dar la mano. […]
Ha S. M. fatto fare qui due cabinetti nel suo appartamento tutti ricoperti per tutto di specchi incastrati in cornici di legno indorate e sopradipinte, opera richissima del signore Brun, pittore eccelente : sopra gli spechi son dipinti bellissimi comparti d’ornamenti, che fanno un ammirabil vaghezza, ma la pittura e dietro al cristallo tra esso e l’argento vivo ; maniere e studi nuovi a quale vado applicando con la speranza di ripatriare un giorno per godere l’istessa fortuna del Principe nella sua gloriosa servitu alla serenissima casa, e sotto i clementissimi auspizy de L. A. V. Serenissima, a la quale profadamente inchinandom, mi dedico, de L. A. V. Serenissima,
Umilissimo, devotissimo et obligatissimo servitore.
C. Vigarani
Di S. Germano, li 30 Augusto 1669 »

Rapport du marquis d’Antin concernant l’état des châteaux de Saint-Germain-en-Laye

« [f. 17] Sire,
Je fus visiter mercredy dernier une partie des pépinières de Morlet […]
[f. 17v] J’ay été à Saint Germain, lequel est en bon état en tout ce qui dépent du sieur de Ruzé et autres officiers. J’ai veu une chose qui m’a fort scandalizé : c’est la chambre dans laquelle est née Votre Majesté. Il n’est pas permis qu’elle soit abandonnée comme elle est. J’ay osé, Sire, pour la seule fois de ma vie, ordonner sans votre participation qu’elle fût rétablie incessamment et décorée comme il convient. Tous vos sujets, Sire, doivent respecter un lieu comme celuy là ; jugez de ce que je panse à mon particulier.
[Annotation du roi :] Bon
M. de Ruzé a vendu à Ober, charpentier, le vieux manège du roy d’Angleterre la somme de 3000 l. [f. 18] C’est en vérité moitié plus qu’il ne vaut, mais il m’a assuré qu’il avoit ancore été paié plus grassement quand il avoit été construit.
[Annotation du roi :] Bon
J’ay été au Val, que j’ai trouvé très bien soigné, les espalliers et les vergers en très bon état. Il n’y a quasi point de fruit cette année. Il y a quelque petite réparations à faire aux parquets, qui ne méritent pas de vous en importuner.
[Annotation du roi :] Bon
[…]
[f. 19] A Versailles, le 6 de juillet 1708 »

Maison du Roi (Ancien Régime)

Récit par le maître des cérémonies Nicolas Sainctot de l’audience donnée par le roi à Soliman Aga, ambassadeur du sultan, au Château-Neuf

« [f. 124] Le 5e [décembre], le sieur de Berlise, introducteur des ambassadeurs, estant venu prendre Soliman dans les carosses du Roy et de la Reine, ils entrerent dans celuy du Roy avec les sieurs de la Giberti, l’interprete et l’aumonier. Ils dinerent à Chatou, où l’on amena les chevaux de la grande ecuirie qu’ils enharnacherent à leur mode [f. 124v] et qu’ils renvoyerent au Pec. Ils decendirent de carrosse et monterent sur les chevaux qui les attendoient, se mettant en marche deux à deux, ayant le sieur Giraud à leur teste.
Soliman marchoit entre le sieur de Breslise et le sieur de la Giberti, ayant son interprete devant luy. Une des circonstances qui est plus à remarquer est que les Turcs estoient sans armes et que Soliman n’avoit pas meme de sabre. Ils entrerent en cet ordre dans la cour du chateau neuf, où ils trouverent des bataillons formez par les compagnies des regimens des gardes françoises et suisses et des escadrons formez par les mousquetaires. Les chevaux legers, les gendarmes, les gardes du corps, les gardes de la porte, les archers du grand prevost, les Cent Suisses estoient en haye depuis la porte de la petite cour jusqu’au haut du perron. Soliman mit pied à terre dez l’entrée de la petite cour, n’estant pas suffisante pour contenir le nombre de chevaux qui l’accompagnoient, et marcha à pied dans le mesme ordre qu’il estoit venu, passant au travers de la garde ordinaire des gardes du corps qui se trouverent sur le perron dans la salle des gardes. De là, il passa dans plusieurs chambres superbement tendues et se rendit ainsy dans la grande galerie [f. 125] où le Roy l’attendoit.
Cette galerie estoit parée de plusieurs belles tapisseries de la Couronne. Tout le parterre etoit couvert de tapis de pied et les deux costez de la galerie estoient remplis de grands vases d’argent elevez sur des pies destaux aussy d’argent. Au bout de la galerie estoit un trone elevé sur huit marches orné de pareils vases et de caisses d’argent dont le prix estoit de plus de vingt millions. Monsieur, M. le Prince et M. le duc d’Enguien estoient à ses costez, vestus de tres superbes habits, et tous les seigneurs de la cour, qui estoient en si grand nombre qu’ils formoient un triple rang le long de la galerie, estoient aussy tres magnifiquement habillez.
Lorsque Soliman entra dans la galerie, le bruit qui s’y faisoit auparavant cessa d’une manière si surprenante, au seul signal que Sa Majesté fit, qu’il a declaré depuis avoir esté surpris du profond respect que les courtisans rendent au Roy.
Quelque temps quant Soliman entrast dans cette galerie, il tira la lettre du Grand Seigneur d’une toilette qui estoit renfermée dans un sac de brocard de la longueur d’un pied et la tint dans ses mains, elevée de la hauteur de sa barbe, marchant toujours entre les sieurs de Berlise et de la Giberti jusques au pied du trosne, faisant avec tous ses gens le mesme nombre de reverences que le sieur Giraud qui estoit à leur teste.
Soliman, estant arrivé au pied des degrez du trone, fit une profonde reverence et commença son compliment, qui fut expliqué par son interprete en ces termes : Sire, Soliman Aga dit à Vostre tres haute et tres puissante Majesté imperiale que le tres haut et tres puissant empereur ottoman sultan Mahomet Han, quatrieme du nom, son maitre, l’envoye à Vostre tres haute et tres puissante Majesté imperiale luy porter cette lettre et luy dire que les deux empires ont toujours esté en tres bonne intelligence, qu’il en souhaite la continuation et que, pour cet effet, il a retenu M. de la Haye Ventelet, ambassadeur de Vostre Majesté imperiale à la Porte et souhaite à vostre tres haute et tres puissante Majesté imperiale toute sorte de bonheur, de felicité et de prolongation de vos jours. A quoy le Roy repondit qu’il avoit toujours eu bien de la joye [f. 126] de voir l’intelligence qui estoit entre les deux empires, que de son coté il contribueroit toujours à l’entretenir et qu’il pouvoit remettre sa lettre entre les mains de M. de Lionne. L’interprete ayant fait attendre à Soliman la reponse du Roy, Soliman dit à Sa Majesté que le Grand Seigneur, son maitre, luy ayant commandé de remettre sa lettre entre les mains propres de Sa Majesté, il la supplioit de luy faire cet honneur. Sa Majesté luy ayant accordé volontiers cette grace, il monta les degrez du trone, tenant toujours sa lettre elevée. Estant au dernier degré, et voyant Sa Majesté ne se lever pas pour recevoir la lettre, il dit que, lorsque le Grand Seigneur, son maitre, la luy avoit donné, il s’estoit levé en signe d’estime et d’amitié pour Sa Majesté, qu’il la supplioit de vouloir la recevoir de la mesme manière qu’il la luy avoit donnée. Le sieur de Lyonne, ayant appris par l’interprete le dessein de Soliman, lui demanda qui pouvoit estre garand de ce qu’il advançoit, ce qui neantmoins ne lui fut point interpreté, le Roy dans le moment s’estant tourné vers le sieur de Guitry, grand maitre de la garde robe, qui s’estoit autrefois trouvé à la Porte à l’audiance de M. de la Haye, luy [f. 126v] demanda si le Grand Seigneur s’estoit levé lorsque son ambassadeur luy avoir rendu sa lettre. Le sieur de Guitry luy ayant repondu que non, dit tout haut que, puisque le Grand Seigneur en recevant ses lettres par les mains de ses ambassadeurs ne se levoit pas, il ne se leveroit pas, aussy qu’il n’avoit qu’à donner sa lettre. La volonté du Roy estant connue à Soliman, il baisa le sac où estoit la lettre et, après l’avoir fait toucher à son front en faisant une profonde reverence, il la presenta au Roy qui la prit et la donna à M. de Lionne, qui appella les interpretes, le sieur Delacroix et le chevalier Dervius.
Dans le temps que les interpretes lisoient la subscription qui estoit sur un parchement et qui fermoit l’entrée du sac et qu’ils expliquoient au Roy les qualitez que le Grand Seigneur lui donnoit, Soliman descendit au bas du trone apres avoir fait une reverence, où estant, et branlant la teste, il dit tout haut que le Grand Seigneur ne seroit pas satisfait de la manière que le Roy recevoit sa lettre. Sa Majesté s’estant apperceu de ce mouvement de colere, demanda ce qu’il avoit dit, et luy ayant esté expliqué, aussitost dist tout haut et d’un ton serieux qu’il verroit la lettre et qu’il feroit reponse. Soliman, ayant sceu par son interprete ce que le Roy [f. 127] venoit de dire, il se retira en faisant trois reverences, apres lesquelles, ayant voulu tourner le dos à Sa Majesté, le sieur de la Giberti, qui estoit à sa droite, luy fit aussitost tourner le visage jusques à ce que le vuide qui estoit entre le Roy et Soliman fut remply et qu’il ne fut point en estat d’estre apperceu de Sa Majesté. Soliman se retira dans le mesme ordre qu’il estoit venu et remonta à cheval avec toute sa suite hors les portes du chateau neuf. »

Récit de la naissance de Louis XIV et des relevailles à Saint-Germain-en-Laye

« Ordre des ceremonies faites à la naissance de mondit seigneur le Dauphin, tant à Saint Germain que à Paris, en septembre 1638
Ce discours est de monsieur Saintot, maistre des ceremonies
La Reyne commença à se sentir du travail de son accouchement le samedy quatriesme de septembre mil six cens trente huit à unze heures du soir.
Le dimanche cinquiesme ensuivant, sur les cinq heures du matin, les douleurs s’augmenterent, dont le Roy fut adverty par la damoiselle Filandre. Sa Majesté en mesme temps alla chez la Reyne et envoya advertir monseigneur son frere unique, et aussi pareillement madame la Princesse et madame la Comtesse, lesquels se rendirent tous chez la Reyne à six heures du matin. Il n’y avoit en ladite chambre que le Roy, monseigneur son frere, ces deux princesses, madame de Vendosme par une grace particuliere que le Roy octroya à sa personne, sans qu’aucune princesse ny duchesse en peust prendre consequence, la dame de Lansac, comme destinée gouvernante du fruict qu’il plairoit à Dieu de donner, la future nourrisse de monseigneur le Dauphin, les dames de Senecey et de La Flotte, dames d’honneur et d’atour, les femmes de chambre et la dame Peronne, sage femme, laquelle seule accoucha la Reyne. Derriere et dehors le pavillon de l’accouchement, et à un coin de la chambre, estoit dressé un petit autel où les sieurs evesques de Lisieux, de Meaux et de Beauvais dirent les uns apres les autres leurs messes, et apres, devant ledit autel, firent continuellement des prieres jusques à ce que la Reyne fut accouchée, ce qui arriva sur les unze heures du matin. Dans le grand cabinet de la Reyne, proche la chambre, où le Roy alloit et venoit de l’une à l’autre, estoient la princesse de Guymené, les duchesse de La Trimouille et de Bouillon, les dames de La Ville aux Clercs, de Liancourt, de Mortemar, et quantité d’autres dames de condition de la cour et les filles de la Reyne, Monsieur l’evesque de Meaux, les ducs de Vendosme, de Chevreuse et de Montbason, les sieurs de Souvré, de Liancourt, de Mortemar, de La Ville aux Clercs, de Brion et de Chavigny, les archevesques de Bourges, evesques de Chaalons, de Dardanie, du Mans et quantité de personnes de condition de la cour, de prelats et principaux officiers de la maison du Roy. Donc sur les unze heures, la Reyne [p. 219] accoucha d’un filz, où dans le mesme instant le Roy le fit ondoyer dans la chambre par l’evesque de Meaux, son premier aumosnier, y assistant en outre tous les princes, princesses, seigneurs et dames de la cour, et monsieur le chancelier. Et après le Roy fut en la chapelle du vieux chasteau, suivy et accompagné de toute la cour, où le Te Deum fut chanté avec grande ceremonie. Puis Sa Majesté expedia le sieur du Perré Bailleul à Paris vers le corps de ville, seulement en donner advis.
[…]
[p. 228] Le dimanche vingt sixieme du susdit mois de septembre, la Reyne voulut estre relevée de sa couche et joindre publiquement ses actions de graces à celles de ses peuples, pour redonner à Dieu par voye de sacrifice et re connoissance ce precieux enfant qu’elle avoit receu de luy à titre de bienfait. Le defunt evesque de Lisieux, assez conneu entre ceux de son ordre par les avantages de sa doctrine et de son zele, eut à cet effet ordre expres de Sa Majesté de se rendre à Sainct Germain en Laye pour y celebrer la messe dans sa chambre, à laquelle assisterent plusieurs autres prelats, avec toute sa cour. Apres l’offertoire, le celebrant s’estant tourné pour attendre la Reyne, elle se leva de son drap de pied, qui par dessein avoit esté tenu dans la ruelle de son lict, et fort loin de l’autel, d’où Sa Majesté partit tenant son fils entre ses bras, comme les premices de son sainct mariage, qu’elle porta jusqu’à l’autel, où elle en fit à deux genoux une oblation au roy des roys, le destinant à son service avec sa personne sacrée, et luy donnant l’arbre et le fruict par une mesme offrande, qu’ensuite Sa Majesté scella par une communion qu’elle fit. La messe achevée, et l’evesque de Lisieux estant en pluvial et en mitre, Sadite Majesté prit monseigneur le Dauphin une seconde fois et l’alla presenter à la ceremonie. En cette solennité, outre les dames et les principaux officiers de sa Maison, employez à divers ministeres selon leur qualité, l’evesque de Saint Brieux et l’abbé de Sainct Denys, premier aumosnier de Sa Majesté, tenoient l’estole [p. 229] sur la teste de monseigneur le Dauphin, et l’evesque de Lisieux commençant la lecture de l’Evangile, ce fut merville que cet enfant royal arresta fixement sa veue sur ce grand prelat sans poussez un seul cry, comme si des l’entrée de sa vie Dieu l’eust rendu capable d’honorer les mysteres de l’Eglise par cette attention et ce silence respectueux. Mais c’est chose plus remarquable que l’evesque de Lisieux, prononçant certaines paroles qui l’obligerent de prendre ce petit prince par la main, à mesme temps il luy serra la sienne d’une vigueur et d’une force toute extraordinaire, donnant par là des augures qu’un jour son bras et sa puissance sera liée à celle des pasteurs pour la gloire de Dieu, pour le soustien de la Religion et la defense de l’Eglise. Cette ceremonie dura bien pres de trois quarts d’heure, pendant lesquels Sa Majesté portoit tousjours sans secours de personne ce cher enfant, de qui la contenance ravissoit tout le monde. Apres cela, on laisse à juger si ce n’estoit pas la raison que tous les soins des François et leurs affections fussent lors attachées à son berceau, s’il n’estoit pas juste d’esperer que ce soleil levant dissipera un jour tous les nuages qui couvrent ce royaume et si cette esperance n’oblige pas de benir à jamais Dieu qui l’a donné, le Roy qui l’a produit, et la Reyne qui l’a conceu pour la prosperité de cette monarchie.
Le lundy vingt septiesme septembre, le feu Roy partit de Chantilly et vint coucher à Luzarche, le lendemain à Escouan et arriva le mercredy vingt neufieme à Sainct Germain, où le defunt cardinal duc de Richelieu se rendit aussi des armées de Picardie le mesme jour et quasi à mesme heure que Sa Majesté, laquelle il trouva dans la chambre de monseigneur le Dauphin, où la Reyne estoit aussi. Il seroit mal aisé d’exprimer de quels transports de joye Son Eminence fut alors touchée, voyant entre le père et la mere cet admirable enfant, l’objet de ses souhaits et le dernier terme de son contentement. Puis Sadite Eminence s’en alla coucher à Ruel. »

Récit de la naissance de Louis XIV à Saint-Germain-en-Laye

« L’heureuse naissance de monseigneur le Dauphin, à present le roy Louis XIV, fils du feu roy Louis XIII et d’Anne d’Austriche, regente en France, dans le chasteau neuf de Sainct Germain en Laye, le dimanche 5 septembre mil six cens trente huict, sur les unze heures du matin
[…]
[p. 211] Si le dernier siecle a attribué à la sage conduite de fernel, premier medecin de Henry II, ce que Catherine de Medicis eut des enfans apres avoir esté dix ans sterile, on ne peut en ce rencontre obmettre la benediction que Dieu a voulu estendre sur les soins des medecins de Leurs Majestez, qui ont porté leur santé jusqu’au poinct de rendre la France si heureuse par cette tant illustre et desirée naissance, et d’autant plus merveilleuse qu’aucune des autres n’est arrivée apres une patience de tant d’années, comme si Dieu eust reservé à ce siecle un concours de tous ces precedés miracles.
Cette heureuse grossesse a esté miraculeusement predite à la Reyne peu auparavant qu’elle avint, et elle avoit esté tellement exempte des fascheux symptomes qui accompagnent les autres en cet estat que l’on avoit par là matiere d’en douter jusques au mouvement, et depuis iceluy Sa Majesté et son fruict se porterent si bien que, decouvrans l’imposture de ceux qui se pensoient signaler par la prediction du jour de cette delivrance, et verifians au contraire ce que dit Hippocrate des plus vigoureux enfans, cettuy cy entra bien avant en son dixiesme mois. Ainsi l’antiquité figuroit les heros, ou demy dieux, toujours plus longtemps que les autres dans le ventre de leur mere. Donc de Dauphin, à present Roy, en est finalement sorty, et la Reyne, apres un travail de quelques heures, accoucha le cinquiesme septembre, peu avant midy, dans le chasteau neuf de Sainct Germain en Laye, d’un prince que sa beauté et proportion accomplie de toutes les parties de son corps rendit des lors par moins aymable que cette masle vigueur [p. 212] qui luisoit desjà au travers de ses membres enfantins, promettoit de trophées. Ce celebre accouchement se fit en presence des princesses et dames de la cour, accourues en foule pour avoir part à cette extreme joye, que quatre dauphins argentez d’un grand obelisque planté devant le vieil chasteau de Sainct Germain ayderent à epandre dans le peuple avec le vin qu’ils verserent tout le soir, et continuerent le reste de la nuict en grande abondance.
A l’instant toute la ville de Paris s’appresta à en temoigner sa joye par des actions de graces solennelles à Doeu dans ses eglises, par un concours des peuples qui y fourmillent et s’entr’annonçoient cette bonne nouvelle, par des feux de joye allumez dans les rues, accompagnez des cris de Vive le Roy, la Reyne et monseigneur le Dauphin, et par une agreable bigarure de lumieres des fenestres innombrables de ce petit monde, le bruit redoublé de quarante canons et de trois cents boettes de l’arsenal ayant devancé cette magnificence et annoncé à l’univers cette naissance.
Particularitez de la susdite naissance de monseigneur le Dauphin et de ce qui se passa ensuite à Sainct Germain et à Paris
Ce n’est pas assez d’avoit dit en gros et avec peu de circonstances que la Reyne est accouchée d’un Dauphin, une des meilleures et plus agreables nouvelles qui se puissent gueres donner au public, mais encore qu’une familiere narration des circonstances de ce qui s’y est passé de plus remarquable doive sembler à quelques uns indigne de la majesté de ce benefice inenarrable du ciel, il faut mieux le rendre intelligible par un discours accommodé au vulgaire que par une reverence injurieuse au public, le laisser ensevely dans l’oubly du temps qui n’enveloppe souvent pas moins la verité qu’il la decouvre. Doncque pour y satisfaire, une année auparavant un religieux avoit adverty la Reyne qu’elle devoit accoucher d’un fils, asseurant en avoir eu la revelation ; et pour ce que les souhaits de toute la France ne tendoient que là, les premiers signes qui ont coustume d’accompagner la grossesse des femmes ne parurent pas plustost en la Reyne qu’un chacun le crut aisement : ce ne furent plus des lors que neufvaines, voyages et vœux, particulierement à la Vierge et à Saincte Anne, par l’intercession desquelles on a cru cette grossesse avoir esté impetrée du Ciel. On vit ensuite toute la France humiliée devant Dieu pour luy demander par ses pieres de quarante heures et autres devotions sans nombre la conservation de ce fruict royal : cependant qu’il estoit au ventre maternel, tous, ou par le desir qu’ils en avoient, ou par les signes naturels, ou autrement, ont tousjours predit que ce seroit un fils ; mais peu de personnes se sont rencontrées de mesme advis touchant le terme de l’accouchement, aucuns ayant asseuré que ce seroit au vingt deuxieme, autres au vingt cinqieme aoust, jour de sainct Louys. On tient que celuy qui en approcha le plus estoit un certain vacher nommé [p. 213] Pierre Roger, du village de Saincte Geneviesve des Bois proche Paris, lequel, tesmoignant d’ailleurs une simplicité et une ignorance fort grossiere, avoit dit que la Reyne accoucheroit le samedy quatriesme de septembre, et ce fut le dimanche cinquiesme. Ce qui donna lieu aux uns d’approuver son progonostic, soustenans que les predictions qui viennent de Dieu ne sont pas si precises que celles des mathematiciens qui designent les oppositions et autres aspects des corps celestres mille ans avant le mesme poinct auquel elles arrivent, et les autres que la difference des choses miraculeuses d’avec les naturelles se reconnoist principalement en ce que les premieres sont parfaites et exactes, les autres non, le seul poinct et moment prefix auquel arrive la chose predite estans celuy qui peut faire distinguer la prophetie de l’imposture, auquel point mesme le hazard peut faire arriver, comme un mauvais archer peut donne une fois dans le blanc. De quoy on laisse la decision à d’autres, pour dire que ce dimanche cinquiesme dudit mois de septembre, sur les deux à trois heures du matin, la Reyne commença de sentir les vrais signes du travail d’enfant, ce qu’elle en avoit eu sur les unze heures du soir precedent s’estant aussitost passé. Elle voulut que l’evesque de Lisieux dit la messe dans sa chambre sur les quatre heures du matin, et comme par son commandement le sieur Seguier, evesque de Meaux, premier aumosnier du Roy, se disposoit à en dire une autre, les douleurs s’augmentans, on alla avertir le Roy, lequel la vint voir. Mais, prenant le soin de la santé du Roy, qu’elle scavoit avoir lors besoin d’aller prendre son repas, l’en pressa tant que Sa Majesté s’y en alla. Enfin, c’estoit sur les unze heures du matin, le Roy ne venoit que de se mettre à table, n’y ayant pas un quart d’heure qu’il avoit quitté la Reyne, lorsqu’on luy vint dire qu’elle accouchoit. Il y court. Des l’entrée, la marquise de Senecey, dame d’honneur de la Reine, dit à Sa Majesté que la Reyne estoit accouchée d’un Dauphin, et la dame Peronne, sage femme qui l’avoit assistée à son travail, par le conseil des medecins et chirurgiens de Leurs Majestez, et plus experimentez en telles affaires, le fit voir au Roy, et luy fit remarquer sa beauté et grandeur extraordinaire. A l’instant chacun cria : C’est un Daufin, c’est un Daufin, et cette parole se porta aussi viste qu’un esclair par toute la cour et par tout Sainct Germain, d’où mille messagers, avec charge et sans charge, l’espandirent si promptement au loing que, bien que cette heureuse naissance ne fut arrivée, comme a esté dit, que sur les unze heures et un quart avant midy du cinquiesme de ce mois de septembre 1638, un courrier arrivé à Paris le septiesme ensuivant asseura en avoir appris la nouvelle à soixante lieues au loing.
Le Roy, voulant aussitost rapporter toutes ces faveurs et benedictions au ciel, mit les genoux en terre et remercia Dieu de cette cy. Les eglises de Saint Germain et des peres recollets estoient encor remplies de seigneurs et dames qui estoient allées, la pluspart avant le jour, communier et faire leurs autres devotions pour les mesme sujet, lorsqu’ils y apprirent l’agreable nouvelle de cet heureux accouchement, [p. 214] qui se fit en presence de Monsieur, frere unique du Roy, duc d’Orleans, lequel temoigna à l’instant à Sa Majesté le contentement qu’il en recevoit, comme Sa Majesté luy confirma aussi de sa part toutes les asseurances d’une affection cordiale. Mesdames les princesses de Condé, comtesse de Soissons, duchesse de Vendosme, connestable de Montmorency, duchesse de Bouillon La Mark et autres de grande condition y estoient aussi presentes, outre les dames de Senecey, de La Flotte et autres de la Maison de la Reyne, dans la chambre et à la veue de laquelle ce tant souhaité Dauphin fut ondoyé par ledit sieur Seguier, son premier aumosnier, et fut fait participant de toutes les ceremonies et magnificences qui s’observent à l’imposition du nom. Où assisterent le Roy, Monsieur son frere, le chancelier de France arrivé peu apres l’accouchement, plusieurs autres seigneurs et dames qui y accouroient en foule, comme à la veue d’un miracle, le Roy ayant fait entrer dans la chambre de la Reyne tous ceux qui estoient dans l’antichambre pour les rendre participans de cette joye, laquelle fit allumer des feux en plusieurs endroits de Sainct Germain. Les daufins de la fontaine de vin y continuoient cependant à le jetter depuis le matin, avec tel abord de peuple que quelque desordre y estant survenu obligea d’y mettre des gardes ; laquelle magnificence plusieurs partiucliers imiterent depuis à Paris, tel en ayant fait pleuvoir de son toict.
A une heure apres midy, le Roy alla faire chanter le Te Deum dans la chapelle du vieil chasteau, accompagné des Cent Suisses de sa garde, et suivy de Monsieur, du chancelier de France, des ducs de Montbazon et d’Uzez, des sieurs de Liencour, de Mortemar, de Souvré et du comte de Tresmes, et en un mot de toute la cour, qui estoit si grosse toute cette semaine qu’il estoit mal aisé de trouver giste à Saint Germain, encor qu’il y eust des gardes aux principales avenues qui n’en permettoient l’abord qu’aux personnes qui ne venoient point de lieu suspect de maladie. Le mesme evesque de Meaux y officia, vestu pontificalement, en presence de l’archevesque de Bourges l’ancien, des evesques de Lisieux, de Beauvais, de Dardanie et de Chaalons, ayant chacun le rochet et le camail, et de toute la chapelle du Roy, laquelle y fit merveille. Puis monseigneur le Daufnin, ayant esté alaité par la damoiselle de La Giraudiere, sa nourrice, les gardes en haye, fut porté en son appartement meublé de damas blanc, et mis entre les mains de la marquise douairiere de Lansac, sa gouvernante. Sa Majesté en ayant aussi envoyé donner avis à la ville de Paris par le sieur de Perrey Bailleul, maistre d’hostel ordinaire de sa Maison, le corps de ville en fit faire des le jour mesme un feu de joye à la Greve, et le lendemain un autre, des plus beaux qui s’y soit gueres veu. Le sieur de Laffemas, lors lieutenant civil, donna les ordres que les bourgeois en temoignassent aussi leur ressentiment par les feux de joye allumez dans les rues et par des lumieres aux fenestres, à quoy les Parisiens se porterent avec tant d’ardeur qu’au lieu d’un jour ils en continuerent trois ou quatre tout de suite. Le sieur [p. 215] du Tremblay, gouverneur de la Bastille, et le sieur de Sainctoust, commandant dans l’Arsenal en l’absence du grand maistre de l’Artillerie de France, y tinrent hautement leur partie, par un concert de boetes et canons qui firent part à tout le pais d’autour cette agreable nouvelle.
Il n’y eut maison religieuse qui n’ornast ses murailles de chandelles. Les jesuites, outre pres de mille flambeaux dont ils tapisserent leurs murs les 5 et 6, firent le septiesme dudit mois de septembre un ingenieux feu d’artifice dans leur cour, qu’un dauphin alluma entre plus de deux mille autres lumieres qui eclairoient un balet, et comedie sur le mesme sujet, representez par leurs escoliers. Les feuillans de la reue Neuve Saint Honoré firent le septiesme une aumosne generale de pain et de vin, emplissant les vaisseaux de tous les pauvres qui se presentrent, et apres une procession par eux faite chacun le cierge à la main, furent brusler un chasteau d’artifices, chantans le Te Deum au son des trompettes entremeslées du carillon de leurs cloches. Les bourgeois de la place Dauphine, ayant à leur teste des hautsboits et musettes conduits par Destouches, l’un d’eux, firent des resjouissances dignes du nom de leur place. Le Te Deum en fut aussi solemnellement chanté le sixiesme dans l’eglise Nostre Dame, et tous les religieux avec les parroisses firent lors des processions, où l’archevesque de Paris assista avec tout son clergé, accompagné des prevost des marchands et eschevins. Le parlement, chambre des comptes et autres cours allerent ensuite rendre leurs complimens au Roy et à monseigneur le Dauphin. Le huictiesme du mesme mois, l’evesque de Metz fit faire la procession generale dans le fauxbourg Saint Germain, dont il est abbé, et dont toutes les rues estoient tapissées. Bref, tout conspira unanimement à rendre graces à Dieu pour un si grand bien. Aussi, la maxime estant veritable que les choses se conservent par les moyens qui les ont produites : puisque ce Dauphin avoit esté obtenu par les vœux et prieres de tous les bons françois, c’estoit pas les mesmes prieres qu’il leur devoit estre conservé. »

Récit du baptême de Louis XIV dans la chapelle du Château-Vieux de Saint-Germain-en-Laye

« Les ceremonies du baptesme de monseigneur le Dauphin, à present Louys XIV, à Sainct Germain en Laye le 21 avril 1643
Le feu roy Louis XIII ayant fait ondoyer monseigneur le Dauphin son fils des le jour de sa naissance par monsieur Dominique Seguier, evesque de Meaux et son premier aumosnier, comme a esté remarqué cy dessus à la page 214 de ce livre, Sa Majesté avoit toujours differé la ceremonie du baptesme de ce sien fils aisné jusques au vingt unieme du mois d’avril mil six cens quarante trois, auquel estant indisposée, Elle voulut que l’on baptisast ce prince, et pour ce sujet choisit monsieur le cardinal Jules Mazarin pour parain et madame Charlote Marguerite de Montmorency, femme de feu monseigneur le prince de Condé, pour maraine de Son Altesse royale. Ainsi plusieurs de nos roys ont choisi des ecclesiastiques pour estre les parains de leurs fils aisnez, entre autres saint Louys fit le choix d’Odon ou Eude III, abbé de Saint Denys, pour estre le parain de son fils aisné Louys de France.
Ce fut sur les quatre ou cinq heures du soir du mesme jour que se fit [p. 246] cette royale et saincte ceremonie dans la belle chapelle du vieil chasteau de Sainct Germain en Laye, en cet ordre :
Monseigneur le Dauphin vestu, par dessus son habit ordinaire, d’une robbe de taffetas d’argent, marchoit devant la Reyne et la marquise douairiere de Lansac, sa gouvernante, derriere Son Altesse royale. Apres la Reyne suivoient la susnommée Charlote Marguerite de Montmorency, princesse de Condé, madame Anne de Montafié, comtesse de Soissons, madame Anne de Bourbon, duchesse de Longueville, et les autres princesses et dames de la cour.
La Reyne et monseigneur le Dauphin estans arrivez en cette royale chapelle, dont le chœur et la nef, le jubé et les galeries et tribunes estans remplis de plusieurs seigneurs et dames qui estoient venues pour voir cette auguste ceremonie, la musique du Roy chanta un motet ravissant, pendant lequel, la Reyne s’estant mise de genoux sur son prié Dieu garny de son drap de pied et carreaux de veloux rouge cramoisy à franges d’or, et monseigneur le Dauphin aussi à genoux aupres de Sa Majesté et à sa droite, la princesse de Condé se tenant aussi à genoux à sa gauche, le susnommé evesque de Meaux, vestu de ses habits et ornemens pontificaux, accompagné de quatre aumosniers de Sadite Majesté, en presence de ces six prelats, tous en rochet et camail, monsieur l’evesque et comte de Beauvais, pair de France et premier aumosnier de la Reyne, de la maison de Potier, monsieur l’evesque de Viviers, de l’illustre maison des comtes de Suze ou de la Baume en Dauphiné, monsieur l’evesque de Riés de la maison de Doni assez conneue à Florence et à Avignon, monsieur l’evesque de Sainct Paul de l’illustre maison d’Ademar de Monteil et comtes de Grignan en Provence, monsieur l’evesque de Coutances de la maison de Matignon, et de monsieur l’evesque du Puy de la maison de Maupas ou des barons du Tour en Champagne, et de plusieurs abbez et de tout le clergé de la chapelle du Roy, sortit de la sacristie et, apres avoir adoré le tres sainct sacrement qui estoit exposé sur l’autel orné de tres riches paremens, il s’approcha du prié Dieu de la Reyne, laquelle luy presenta monseigneur le Dauphin, qui fut ensuite eslevé par la marquise de Lansac sur l’appuy ou acoudoir dudit prié Dieu. Puis le cardinal Mazarin, qui avoit accompagné la Reyne depuis son departement jusques à cette chapelle, passa à la main droite de monseigneur le Dauphin et la princesse de Condé de l’autre costé, selon l’ordre observé en l’Eglise entre les parains et maraines, de laquelle dignité il a plu au Roy de les honorer, Sa Majesté leur ayant temoigné de sa propre bouche que c’estoit pour obligé encore plus estroitement le prince de Condé et Son Eminence à son service et à celuy de monseigneur le Dauphin son fils qu’Elle leur faisoit cet honneur, qui est le plus grand qu’eux ny autres pouvoient jamais recevoir.
Alors la Reyne, tenant par derriere mondit seigneur le Dauphin, qui parut beau comme un ange et fit voit en toute cette saincte action une modestie et retenue extraordinaire à ceux de son age, l’evesque [p. 247] de Meaux, qui l’avoit ondoyé comme a esté rapporté cy dessus, ayant salué Sa Majesté la mitre en teste, demanda ausdits parain et maraine le nom que l’on vouloit donner à ce prince. La princesse de Condé, ayant fait grand compliment à Son Eminence, puis une reverence à la Reyne, le nomma Louys, suivant l’intention de Sa Majesté. En suite de quoy l’evesque continua l’office selon le rituel romain, suivant lequel il exorciza, benit le sel et en mit dans la bouche de ce prince, dix neufieme dauphin de Viennois, Louys de France, quatrieme du nom, qui le receut fort pieusement, et avec une humilité qui ravit toute l’assistance en admiration. Puis, la Reyne luy ayant, ainsi qu’il se pratique en telles ceremonies, decouvert la poitrine et les epaules, l’evesque officiant luy appliqua les sainctes huiles des catechumenes, et à toutes les fois que ce prelat luy dit : Ludovice abrenuncias Sathanae, pompis et operibus ejus ?, il repondit luy mesme autant de fois : Abrenuncio, comme aussi aux trois interrogations qu’il luy fit sur sa creance, selon les termes du mesme rituel, il repondit hardiment autant de fois : Credo. Alors l’evesque luy declara qu’il estoit introduit dans l’Eglise, et tant les parain et maraine que ce prelat et tous les assistans reciterent avec Son Altesse royale à haute voix le symbole des apostres et l’oraison dominicale. Puis l’evesque, obmettant l’infusion de l’eau (qui avoit esté faite à ce prince des le jour de sa naissance le dimanche cinquieme de septembre mil six cens trente huit et qui ne se reitere jamais), la Reyne luy decouvrant la teste, l’evesque luy en oignit le sommet avec le sainct cresme. Ce fait, il luy mit sur la teste le cresmeau, recitant aussi les mots du rituel sur ce sujet, et luy presenta le cierge allumé, que Son Altesse prit elle mesme à deux mains et le tint seule durant le reste de la ceremonie. A la fin de laquelle l’evesque officiant monta à l’autel et donna la benediction solennelle, que toute l’assistance receut à genoux, et la musique du Roy chnta encore ensuite le Regina caeli etc. Puis chacun s’en retourna, merveilleusement satisfait d’avoir assisté à cette saincte et auguste ceremonie, laquelle fut fermée par un remerciement que ce prince vint faire jusque dans la sacristie à l’evesque qui l’avoit baptisé.
Ce dix neufieme dauphin Louys de France, quatrieme du nom, par cette action donna des indices de sa future bonté et pieté, et des asseurances que quand Son Altesse royale seroit plus avancée en age, elle suivroit les vertus de tant de roys et de princes ses ancestres, desquels le nom et la mémoire est en benediction pour leur affection, leur respect et leur sainct zele vers l’Eglise, unique espouse du fils unique de Dieu. La premiere action royale que Son Altesse royale fit des le jeudy Sainct le onzieme de ce mesme mois d’avril en la ceremonie de la Cene, lavant les pieds aux pauvres, ne put estre que de bon augure, estant pareillement de pieté, et un presage qu’il imiteroit le Roy son père, qui avoit fait autrefois une pareille action. »

Récit du décès de Jacques II à Saint-Germain-en-Laye

« [p. 369] Vous attendez, sans doute, un détail de la maladie, de la mort et du convoy de Jacques II, roy d’Angleterre ; il faut vous satisfaire sur tout cela.
Depuis un anthrax que ce prince eut il y a deux ans, qui suppura fort peu, et quelques légers mouvemens de goutte, sa santé parut fort ébranlée ; mais [p. 370] cela devint beaucoup plus sensible après une attaque d’apoplexie imparfaite, qui fut suivie de la foiblesse de tout un côté, et de la paralysie de quelques doigts, arrivée au Carême dernier. Ses forces estoient fort diminuées, il maigrissoit de jour en jour, et contre son ordinaire il paroissoit plus pesant et plus assoupi. A tous ces accidens, il estoit survenu, il y a quatre mois, un crachement de sang, fort léger dans son commencement et qui devient par la suite plus sensible.
S. M. B. estoit dans cet estat le vendredy 2 de septembre qu’il luy prit une grande foiblesse, dont Elle revint par le secours des cordiaux. Dans ce moment, la fièvre s’éveilla avec l’assoupissement [p. 371] qui a conduit ce prince jusqu’au tombeau.
Le dimanche, troisième jour de son mal, une seconde foiblesse le mit dans un estat si pressant que l’on eust d’abord recours aux derniers sacremens. Le pouls luy revint un peu après un vomissement d’un sang retenu depuis quelque temps dans l’estomac, comme il paroissoit à la couleur et à l’odorat. Le pouls néanmoins, qui estoit resté embarassé, se trouva dégagé par une pareille évacuation procurée par le moyen d’un remède que M. Fagon luy fit donner. Ce remède, posé à propos, le fit un peu reposer et donna quelque espérance.
Le lundy, quatrième jour de [p. 372] son mal, et cinquième du mois, un léger purgatif luy fit rendre beaucoup de sang retenu.
Le même jour après midy, le Roy alla le voir. Sa Majesté britannique le supplia de trouver bon qu’Elle fust enterrée dans l’église paroissiale de Saint Germain en Laye. Le Roy en parla à la reine d’Angleterre, et l’on ne jugea pas à propos de répondre à ce qu’une profonde humilité luy faisoit dire. Ce prince recommanda ce jour là au Roy les regimens irlandois qui sont à son service.
Il demeura assez tranquille le mardy.
Le mercredy, apres l’usage de quelques remedes propores à arrester l’hemorragie, cet accident [p. 373] cessa absolument, et la fievre diminua de beaucoup.
Le jeudy se passa dans redoublement. Il survint un flux d’urine, ce qui fit concevoir quelque esperance.
Le vendredy, huitieme jour du mal de ce prince, la fievre augmenta, sa langue devint seche, l’assoupissement ne diminua point, et l’on apperçut que le flux d’urine devenoit involontaire et que la paralysie gagnoit la vessie. Un purgatif qui luy fut donné alors fit connoistre que cet engourdissement se communiquoit aux entrailles. On perdit des ce moment toute esperance, les accidens allerent toujours en augmentant, et les remedes furent sans effet.
[p. 374] Ce prince se trouva si mal la nuit du 12 au 13 qu’on craignit qu’il ne mourust avant qu’elle fust passée. Sa Majesté demanda le viatique pour la seconde fois, et le reçut sur les cinq heures du matin avec une piété exemplaire. On luy avoit donné l’extrême onction trois heures après midy en même temps que le viatique. Le prieur curé de Saint Germain s’acquitta de toutes ces fonctions d’une manière très édifiante.
Le même jour 13, après midy, le Roy alla voir pour la dernière fois ce prince mourant, et déclara proche de son lit, et en présence de la reine et de plusieurs seigneurs des deux Cours, que si Dieu disposoit de Sa Majesté [p. 375] britannique, il reconnoistroit et traiteroit monsieur le prince de Galles comme roy d’Angleterre, d’Ecosse et d’Irlande. Sa Majesté britannique, qui estoit dans un grand assoupissement, n’en fut point tirée par les mouvemens que ces paroles causerent dans la chambre, ou peut estre qu’estant toujours en meditation, en attendant le moment de la mort, Elle ne voulut pas interompre, pour les choses de ce monde, le sacrifice qu’Elle faisoit alors de son âme à Dieu. Tous les milords, en fondant en larmes, se jetterent aux genoux du Roy pour le remercier. Ils reconduisirent Sa Majesté en cet état, avec des acclamations qui témoignoient [p. 376] leur reconnoissance et leur affliction, et le mélange de joye et de tristesse qui paroissoit sur leur visage, ayant quelque chose d’aussi vif pour la joye que pour la douleur, on ne scavoit si l’on devoit se réjouir ou s’affliger avec cette Cour, qui pour trop sentir, ne pouvoit bien démeller elle-même ce qu’elle sentoit. La nuit du 13 au 14, on crut que ce prince alloit expirer, les redoublemens estans devenus plus frequens et plus dangereux. On reïtera plusieurs fois la recommendation de l’âme, ce qui fut fait alternativement par les aumôniers de Sa Majesté britannique et par le curé de Saint Germain. Cependant, Sa Majesté conservoit une connoissance parfaite [p. 377] qui continua jusques aux derniers momens ;
Madame la duchesse de Bourgogne alla le voir le 14 à trois heures après midy. Ce prince la remercia avec beaucoup de présence d’esprit et la pria de passer chez la Reine, à cause de la mauvaise odeur qui estoit dans sa chambre.
Monseigneur le duc de Bourgogne l’alla voir le 15, sur les dix heures et demie du matin. Lorsque ce prince y arriva, on disoit pour la cinquième fois les prières des agonisans. Sa Majesté britannique, après l’avoir remercié de sa visite, le pria de trouver bon que l’on continuast les prières. Madame l’alla voir l’après dinée du même jour, à l’issue [p. 378] de son dîner. Il entroit souvent dans une espèce de létargie, et lorsqu’on le reveilloit de son assoupissement, il répondoit juste et reconnoissoit tout le monde. Il avoit commencé le jeudy au soir à prononcer avec peine.
Le même vendredy 16 que ce prince reçut tant de visites et qu’il avoit ouy la messe dans sa chambre, ainsi que les jours précédens, il tomba dans une douce agonie sur les deux heures et demie après midy, et à trois heures et un quart, il expira sans aucun effort, ayant la bouche riante, ce qui continua d’une manière sensible quelques momens après sa mort. On observa, comme une chose digne de remarque, et dont [p. 379] il y a peu d’exemples, qu’en quinze jours que ce prince avoit passez dans le lit de la mort, aussi tourmenté des remèdes qu’on luy donnoit que de sa maladie, il ne luy estoit pas échapé le moindre mouvement d’impatience, de répugnance ny même d’inquiétude, estant dans une méditation presque continuelle et ne parlant qu’autant qu’il estoit absolument nécessaire et que la charité le demandoit. Sa piété n’avoit rien ny d’austère ny de rude. Je n’entre point dans les choses touchantes et plus édifiantes encore qu’il a dites à la reine pendant les quinze jours qu’a duré sa maladie ; elles sont au dessus de toutes sortes d’expression. La manière dont il a parlé à monsieur le [p. 380] prince de Galles n’est pas moins digne d’admiration, et moins difficile à exprimer. Il luy a fait voir par des discours aussi touchans que chrétiens qu’il ne devoit point mettre la couronne en parallèle avec la religion et l’a conjuré de ne le faire jamais. Il a protesté tout haut qu’il pardonnoit sincérement et de tout son cœur à tous ceux qui luy avoient causé tant de mal, et qu’il prioit Dieu qu’il leur pardonnast, en ajoutant qu’il leur avoit de grandes obligations, puisqu’ils estoient peut estre la cause de son salut qu’il esperoit. Il a tenu ces discours plus d’une fois et les a renouvellez en recevant le viatique. Ce n’est point l’état où il se trouvoit, et [p. 381] l’assurance d’une mort certaine qui l’ont fait parler ainsi, puisque depuis le commencement de ses malheurs jusqu’au moment de sa mort les chagrins qu’il ressentoit, peut estre plus pour sa famille que pour luy, n’ont jamais esté cause qu’il luy soit rien échapé contre les auteurs de tous ses maux. Il s’estoit mis pendant tout le cours de sa vie par une fermeté héroïque au dessus de toutes les disgraces qui luy estoient arrivées, et toutes les fois qu’il s’estoit agy de la religion, il avoit fait voir une constance digne des anciens chrétiens. Il estoit d’une valeur intrépide et il en a donné des preuves en plusieurs batailles, tant sur terre que sur mer, mais ce [p. 382] n’est pas icy le lieu de s’étendre sur des choses qui regardent ceux qui travailleront à son histoire.
Lorsque ce prince fut expiré, M. Desgranges, maistre des cérémonies de France, fit exposer son corps à la vue du peuple. Le clergé de la paroisse de Saint Germain, les recolets qui sont dans le même lieu et les augustins des Loges, au nombre de douze qui se relevoient de temps en temps, formerent deux chœurs, qui psalmodierent toute la nuit, et le matin on commença à célébrer des messes sur deux autels dressez dans la même chambre où estoit le corps.
Le samedy 17, sur les quatre heures après midy, on l’ouvrit et on l’embauma. On luy trouva [p. 383] très peu de sang, et presque réduit en eau, tous les visceres, les entrailles et même le cœur fletris et extenuez. A l’ouverture du crane il sortit une tres grande quantité de serositez et les ventricules du cerveau étoient absolument plein d’eau.
Son corps fut porté le soir, avec peu de cérémonie, aux bénédictins anglois du fauxbourg Saint Jacques, où il doit rester en dépost jusqu’à ce qu’on résolve où il sera inhumé. Son cœur a esté porté au couvent de Sainte Marie de Chaliot, où est celuy de la feue reine sa mère. Son convoy n’étoit composé que de trois carosses. Dans le premier, précédé de quatre gardes du corps qui portoient des flambeaux, étoient [p. 384] un aumônier, qui portoit le cœur du Roy, le père Sandun, confesseur de Sa Majesté, son compagnon, un autre aumônier, deux chapelains et le prieur de Saint Germain. Dans le second estoit le corps de ce prince, et M. du Vinet, exempt des gardes du corps de Sa Majesté Très Chrétienne. Vingt six gards du corps marchoient devant et derrière, avec des flambeaux. Le convoy estoit terminé par un troisième carosse, dans lequel estoient M. le duc de Barwik, Mr Porter, vice chambellan de Sa Majesté britannique, milord Hamilton, Mr Desgranges, Mr Hamilton, maistre de la garde robe, et Mr Ploiden, controlleur de la Maison de [p. 284] Sa Majesté. Mr d’Ingleton, aumônier de la semaine, fit un discours en latin en remettant le corps du roy entre les mains du prieur des bénécitins, qui répondit en la même langue, et ces discours furent trouvez fort touchans. Le corps couvert d’un poele fut mis sous un dais dans une chapelle tenue de noir. Le même cortège qui avoit esté aux bénédictins accompagne le cœur jusqu’à Sainte Marie de Challiot. Le même Mr Ingleton fit aussi un très beau discours en remettant le cœur entre les mains de la supérieure, qui y répondit avec beaucoup d’esprit.
Je dois ajouter icy qu’aussitost que le Roy fut expiré, M. [p. 386] le prince de Conty, qui depuis quelques jours n’avoit point quitté Saint Germain, estant parent de la reine, eut l’honneur de saluer le jeune roy. M. le nonce dit à ce nouveau monarque qu’il avoit ordre de Sa Sainteté de le reconnoistre après la mort du roy son père, et M. l’abbé Rizzini, envoyé de Modène, luy fit le même compliment de la part du duc son maistre.
Le 20, le Roy alla à Saint Germain, et il monta d’abord chez le roy d’Angleterre, qui l’attendit au haut du grand escalier en long manteau et conduisit Sa Majesté dans son appartement en prenant la main gauche. Il se trouva deux fauteuils, et le Roy s’assit dans celuy qui estoit [p. 387] à la droite. La visite fut courte. Sa Majesté britannique conduisit le Roy, qui l’empescha d’aller aussi loin qu’il auroit souhaité. Le Roy alla ensuite chez la reine, qui estoit au lit, et demeura près d’une heure avec cette princesse. Madame la duchesse de Bourgogne arriva pendant ce temps là, accompagnée de madame la Princesse, de madame la Duchesse, de mademoiselle d'Angu’en et des dames du palais de madame la duchesse de Bourgogne. Elles estoient toutes sans mantes, parce que la visite n’estoit pas de cérémonie. Madame la duchesse de Bourgogne alla d’abord chez Sa Majesté britannique, qui la reçut à la porte de sa chambre. Elle y resta peu de temps, et ne [p. 388] s’assit point. Cette princesse alla ensuite chez la reine, où elle trouva le Roy, qu’elle y laissa. Après cette courte visite, cette princesse alla chez madame la princesse d’Angleterre, où elle resta debout. Monseigneur le Dauphin et madame la princesse de Conty douairière y arrivèrent de Meudon une demi heure après. Le Roy, avant que de partir, alla chez madame la princesse d’Angleterre, messeigneurs les ducs de Bourgogne et de Berry, monsieur le duc et madame la duchesse d’Orléans, monsieur le Prince, monsieur le Duc et madame la Duchesse, madame la princesse de Conty et généralement tout ce qu’il y a de personnes de distinction [p. 289] à la Cour ont esté faire des complimens au roy, à la reine et à madame la princesse d’Angleterre.
Le 21, Sa Majesté britannique rendit visite au Roy à Versailles et à madame la duchesse de Bourgogne. Cette princesse étant alors à la messe, Sa Majesté l’attendit dans son appartement. Monseigneur le Dauphin et messeigneurs les ducs de Bourgogne et de Berry estoient partis pour Fontainebleau.
Je ne dois pas finir cet article sans vous dire que tous ceux qui ont vu ce jeune roy en sont charmez. Son air, ses manières et son esprit frapent d’abord également tous ceux qui ont l’honneur de l’approcher. Tout est en [p. 390] ce jeune monarque infiniment au dessus de son âge, et quoy qu’il doive beaucoup au sang dont il est sorti, il ne doit pas moins à son éducation. »

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